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Silicon Roundabout la città tecnologica che ha oscurato la City

Da Google a Intel, centinaia di colossi hanno già aperto una sede nell'East End. L'area hi-tech vale oggi 18 miliardi di sterline e vince la guerra con il cuore finanziario londinese

Silicon Roundabout la città tecnologica che ha oscurato la City

È una guerra silenziosa, intestina, invisibile. Si combatte a distanza di pochi chilometri. Trincee di vetro, ovvero i grattacieli di Canary Warf e quelli della Silicon Roundabout. Londra, Inghilterra, Gran Bretagna, Europa. Finanza contro tecnologia. Possibile? Possibile. Perché sono sorelle ovunque, si sostengono reciprocamente in California, ma non qui. Perché i 18 miliardi di sterline che vale oggi il distretto tecnologico della capitale britannica, sono una sfida al distretto finanziario più grande d'Europa, ovvero la City londinese. In meno di dieci anni l'area hi-tech di Londra ha attratto oltre mille aziende tra le più importanti del pianeta, che sono andate lì ad aprire la loro sede principale o la più importante sede europea. Nello stesso periodo le nuove istituzioni finanziarie che hanno fatto lo stesso non sono state più di trecento. Sempre nello stesso periodo nell'intera Francia gli investimenti sono stati 853. Non è solo questo, però. Secondo una ricerca della Oxford Economics, oggi l'industria digitale londinese occupa un lavoratore ogni trenta, con una crescita dell'occupazione che non ha paragoni con qualunque altro distretto economico in Europa.

Da queste parti la chiamano Silicon Revolution. Fu raccontata nel 2010 dal sindaco di Londra, Boris Johnson, e dal primo ministro britannico, David Cameron, all'interno della Tech City Initiative, un programma di investimenti e di sgravi fiscali che incentivava le aziende tecnologiche all'assunzione di giovani. Londra era in piena crisi depressiva derivante dal crac Lehman e dalla conseguente difficoltà delle banche inglesi, come fare? Con la finanza in discussione e in oggettiva contrazione, l'idea fu: diamo un'altra prospettiva all'economia del futuro. E la scelta cadde sulla tecnologia. Banale? Sì. E però anche efficace: il risultato adesso è un'area che dà lavoro a 200mila persone. Solo la sede londinese di Amazon ha duemila dipendenti e continua a crescere.

La City in questa storia entra ed esce. Entra perché molte delle corporation che si sono trasferite qui l'hanno fatto grazie alla consulenza proprio delle società d'investimento del distretto finanziario. Così come le start up che hanno aperto in questi anni grazie al denaro, al potere e alla forza delle banche d'affari. Esce, invece, perché generando un'area dal grande potenziale di ricchezza, la City s'è creata il nemico in casa. Se l'è allevato, coccolato, cresciuto. La guerra adesso è sia economica, sia culturale. Perché se fino a prima della crisi ciò che attraeva le migliori intelligenze europee a Londra era il mercato finanziario, oggi il peso s'è spostato sulla Silicon Valley britannica. Un duopolio che rende felice la capitale inglese che oggi ha livelli di disoccupazione decisamente più bassi rispetto a tutte le altre capitali europee. Ma è anche un duopolio che si trasforma in sfida. La città segue con più distacco che passione, abituata com'è a seguire i cicli economici e le mode che spesso è lei stessa a generare.

Chi gode senza dubbio è il sindaco Johnson: «Con il nostro mix impareggiabile di investitori, talento e creatività, non sorprende che le aziende tech e gli imprenditori chiedano a gran voce di essere parte dell'incredibile storia tecnologica di Londra. Questo settore è fiorito in maniera incredibile negli ultimi cinque anni, con la creazione di migliaia di posti di lavoro che gli hanno permesso di superare il resto dell'economia. Ora abbiamo bisogno di continuare il nostro lavoro per aumentare la connettività in tutta la capitale e armare le stelle tecnologiche del futuro con le competenze di cui avranno bisogno per portare avanti questa industria preziosa per gli anni a venire».

L'area in cui sorge la Silicon Roundabout è una zona in cui fino a poco più di dieci anni fa sorgevano magazzini in disuso, fabbriche chiuse per fallimento e dinosauri industriali. L'hanno rifatta nascere gallerie d'arte, uffici di design, artisti e creativi squattrinati, pub e discoteche e negozietti alternativi, tra i quali si sono infilate, poco per volta, le piccole aziende dell'high tech. Oggi sono queste ultime a trascinare il quartiere di Shoreditch, nell'East London, la parte un tempo più misera e malfamata della metropoli, verso un nuovo rinascimento urbano. È indiscutibile che la spinta vera l'abbiano data le Olimpiadi del 2012, che hanno rimesso a nuovo il quartiere adiacente, Stratford, dove nasceva l'Olympic Park.

Poi c'è l'Italia, o quantomeno un italiano. Perché molto del successo del distretto tecnologico di Londra è merito di un fatto e di una persona: il fatto è stata la quotazione in Borsa di Candy Crash, il più celebre tra i giochi per smartphone; la persona è Riccardo Zacconi, un signore di poco meno di 50 anni fondatore di King.com, la web company che ha creato Candy Crash e che nel 2013 ha affidato a J.P. Morgan il compito di quotarla alla Borsa di New York. Romano, trasferitosi a Londra all'inizio degli anni Duemila, qualche tempo fa fu inserito dal Guardian nell'elenco delle 100 personalità più importanti nel campo dei media in Gran Bretagna. Come lui molti altri europei che in passato sarebbero andati a San Francisco, oggi scelgono Londra. Che ovviamente dista qualche anno luce dalla potenza della Silicon Valley americana, oltre che dal suo grado di innovazione. Ma che spinge, adesso. Non c'era, soprattutto. Oggi c'è. Vale qualche miliardo di sterline. Funziona. La guerra con la City non è un caso.

Non lo sarà in futuro.

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