La parola museo richiama etimologicamente la parola greca mouseion, il luogo sacro alle Muse, protettrici delle Scienze e delle Arti. Tale in un certo senso lo è anche il museo Kartell fondato nel 1998. Qui la storia dell'evoluzione del design incrocia quella del nostro modus vivendi e la memoria storica di quest'azienda rivive negli oltre mille prodotti esposti lungo 2000 metri quadri.
Oggi gli oggetti in plastica fanno parte della nostra cultura, ne riconosciamo le loro qualità in termini di funzionalità e di estetica grazie anche al concetto di design che ha sollecitato il perfezionamento dei materiali plastici e dei processi di lavorazione.
Nel 1949 quando Giulio Castelli fondava la Kartell lo scenario era ben diverso. Laureato in ingegneria e sposato con l'architetto Anna Ferrieri, credette nelle potenzialità di questa materia e nella possibilità di portarla nelle case di tutti attraverso i settori dei casalinghi e dell'illuminazione. Questa la sua grande intuizione, testimoniata da tutti gli oggetti esposti nelle sale del museo secondo un ideale percorso storico a partire dagli anni 50, quando, con la collaborazione di designers come Gino Colombini, Joe Colombo e Anna Castelli Ferrieri ebbe inizio la produzione dei primi articoli che ottennero subito importanti riconoscimenti: Secchio tondo con coperchio di G. Colombini (Compasso d'oro, 1955); Spremilimoni di G. Colombini, innovativo per la zigrinatura del perno centrale (Compasso d'Oro, 1959). Negli anni 60 nacque la divisione Habitat e l'impiego delle materie plastiche divenne più libero e creativo. Due esempi: la Seggiolina per bambini di Zanuso-Sapper, la prima completamente in plastica e la Sedia 4867 di Joe Colombo, la prima al mondo in ABS. Negli anni 70, con il rincaro del petrolio, si puntò sulla valorizzazione del progetto e sul concetto di oggetto «bello».
Sintetica, alla moda, artistica. È lanno della plastica
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