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Foto e like: pericolo "sharenting", cosa rischia chi posta gli scatti dei figli

Dopo la Francia, anche i pediatri italiani lanciano l'allarme "sharenting", ovvero l'abitudine dei genitori di postare sui social le foto dei figli. I pericoli, avvertono, sono enormi

Foto e like: pericolo "sharenting", cosa rischia chi posta gli scatti dei figli

Per prima è stata la Francia a rendersi conto dei pericoli di postare le foto dei figli online, ma ora l'allarme sta arrivando da ogni parte del mondo, soprattuttutto da quella parte "silente" che non ha mai postato nulla dei propri figli, intuendone, e a ragione, i pericoli della reta. Ma ora anche chi ama mettere in rete ogni progresso del proprio "pargolo", dal primo dentino, alla prima parola pronunciata, avrà modo di riflettere, su quali reali pericoli si può andare incontro. A parlarne Pietro Ferrara, pediatra al Campus Biomedico a Roma e responsabile del gruppo sui diritti del bambino della Sip, Società italiana di pediatria, che in un'intervista su Repubblica ha parlato di dati sconcertanti.

"Prima di nascere, un bambino è già in rete" -racconta- "Il 14% delle madri condivide su Internet l’ecografia del pancione". A un anno, fra torta di compleanno e primi passi, le foto online sono già oltre 300. "Ci siamo accorti che le cose stavano prendendo una piega non giusta e abbiamo messo a punto una ricerca con i colleghi europei". Il risultato è stato pubblicato sul Journal of Pediatrics e racconta come, quasi sempre in buona fede, già a pochi anni di vita sono migliaia le foto dei nostri figli che sono in rete, e una mossa intelligente sarebbe quella di non mostrarne il volto.

Questa abitudine ora ha anche un nome: sharenting, dal'unione delle parole share (condividere) e parenting (essere genitori) e ogni giorno alimenta un commercio sotterraneo pericoloso fatto di furti di identità digitale, e siti pedopornografici. Ma pur non volendo essere così estremi, da non sottovalutare anche il disagio o l'imbarazzo dei bambini e dei ragazzi che come gli adulti hanno diritto alla privacy.

Dove vanno a finire le immagini

Le principali destinazioni delle foto sono i social network, Facebook (54% delle foto), Instagram (16%) e Twitter (12%). "Non stiamo parlando di condividere dei ricordi con i nonni o di farle circolare in gruppi ristretti di persone conosciute — spiega ancora Ferrara — ma di pubblicarle su siti dove le regole della privacy sono incerte e dove possono essere copiate da chiunque. Alcune immagini sono diffuse sui social dagli adulti allo scopo di ottenere like o addirittura per pubblicizzare delle marche".

In Francia, come accennato, è stata addirittura presentata una proposta di legge per vietare ai genitori, di postare le foto dei figli minori, mentre in Italia, dove a far polemica sono soprattutto le immagini postate dai figli di Chiara Ferragni e Fedez, ma non sono certamente i soli, il Garante per l'infanzia Carla Garlatti, ha chiesto che alla pratica siano applicabili le norme sul cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chiedere la rimozione delle foto. Ma ancora nulla di fatto su questo fronte.

I consigli della Società italiana di pediatria (Sip)

Se fino ad ora poteva esserci una certa "ingenuità" nel postare le foto dei propri figli, è bene invece seguire regole che la (Sip) la Società italiana di pediatria suggerisce per evitare pericolose conseguenze: "Non condividere immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità. Un bambino che fa il bagno al mare è un’immagine innocente per i parenti. Ma può assumere tutt’altro significato su un sito per pedofili" fa notare Ferrara. E se proprio non si resiste alla tentazione di farlo, importante non mostrare il volto, non mettere il nome o il luogo della foto o altri dettagli del minore: "È inoltre giusto chiedere agli stessi bambini se sono infastiditi" specifica il pediatra.

I pericoli "fuori", ma anche quelli della psiche dei bambini

La Safety Commission australiana ha scoperto che la metà del materiale sui siti pedopornografici proviene da utenti inconsapevoli, che avevano ingenuamente condiviso le foto dei figli. "Oggi inoltre molti ragazzi hanno atteggiamenti da adulti ma una foto di una bambina che, anche senza malizia, ha la spallina calata sulla spalla non andrebbe condivisa mai" e i motivi sono chiari. Inoltre l’università di Uppsala in Svezia, già nel 2020 aveva portato a termine uno studio su bambini e ragazzi fra 4 e 15 anni, chiedendo se fossero contenti di essere fotografati a loro insaputa o di vedersi su internet. La maggior parte ha risposto di no, e molti hanno mostrato un forte senso di imbarazzo a questa domanda.

Questo perché, come spiega Ferrari: "Il problema è ancor più sentito se i bambini sono in difficoltà con il proprio corpo, ad esempio sono obesi o hanno tratti fisici che potrebbero imbarazzarli". Ma c'è anche il rovescio della medaglia, ovvero quei piccoli che vengono invece gratificati dalla propria immagine postata sui social e, già in tenera età, legano il proprio valore come persona ai "like" che vengono messi nella foto.

Un fenomeno, se vogliamo, ancor più pericoloso per la psiche dei piccoli, che andando avanti possono sviluppare un legame di dipendenza dall'approvazione del mondo esterno espresso attraverso i vari cuoricini o like, mettendo in secondo piano la propria identità e i propri desideri.

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