nostro inviato
a Sharm el Sheikh
In mattinata, sulla spiaggia dello Sheraton battuta dallhawa, il vento che arriva da nord, sventolavano bandiere nere. Nel linguaggio internazionale dei bagnini, quei drappi neri significano: attenzione, forti correnti. I più hanno capito. I russi arrivati con lì con lultimo Tupolev invece no. Hanno pensato a un segno di lutto, e insomma gli è parso brutto presentarsi in pinne e occhiali (il fucile è vietato) mentre chissà, magari la direzione dellalbergo stava commemorando i morti. A mezzogiorno, quando le mormorazioni dei russi sono arrivate allorecchio del management, quelle bandiere sono sparite. Le forti correnti sono rimaste, ma le bandiere sono diventate rosse. E il bagnino ha rimediato un cicchetto. Ci mancava solo quel nero, nero come il drappo che cala sulla roulette quando il banco salta, per deprimere ancor di più gli animi di tutti: dei villeggianti, e di chi, sui villeggianti, ha costruito piccole e grandi fortune.
Tira aria da quaresima, di giorno, nel luna park dei poveri strappato 15 anni fa alle rocce del Sinai. Di notte, in compenso, è un mortorio. Al Teatro Romano, che sembra un lascito di Cecil B. De Mille al tempo in cui girava Ben Hur, ieri hanno venduto un centinaio di biglietti. Al Villaggio dei Faraoni, con le sue svelte guglie assiro-messicane e le cipolle copiate dalla cattedrale di San Basilio, a Mosca, unorchestrina suonava vecchi standard americani. Ma la ventina di coppie allacciate sulla pista ricordavano gli spettri di Shining, quando Jack Nicholson va via di testa. Finita per sempre, nella Disneyland affacciata sul Mar Rosso, pare lepoca doro in cui in giro vedevi le facce di Alba Parietti e di Carlo Ancelotti, di Diego Della Valle e di imprenditori bresciani, di presentatori dalle alterne fortune, di calciatori famosi e soubrette della Tv: tutti con casa al «Coral Bay», il villaggio inventato dal niente negli anni Novanta, su un biliardo di terra rossa calcinata dal sole, dallimmaginifico Preatoni. Il sipario eretto davanti al «Ghazala Gardens», e le guardie in basco nero e bandoliera che montano la guardia davanti ai resti sgangherati dellalbergo sembrano ora la camera ardente (laltra sera cerano anche le candele) montata attorno al cadavere di un sogno (quanti «dreams», a proposito, garantiti dai cartelloni pubblicitari dei «resort and villas» di nuova costruzione che spuntano come funghi a sud di Naama Bay). «Dopo lattentato di Luxor - racconta Fernando Zavatti, 53 anni, mantovano, direttore del ristorante El Fanar - per 6 mesi non si vide nessuno. Ora, dopo questa botta, se fossero solo 6 mesi ci metterei la firma. Ci vorrà almeno un anno, creda a me, prima che Sharm torni ad essere quel che era». Una Rimini con le palme e il bazar, «un take-away che non ha ancora unanima», come ammettono molti operatori turistici italiani che qui hanno costruito la loro fortuna.
Un posto finto, di cartone; dove uno si immagina di fare una cura di pesce alla griglia a buon mercato, con tutto quello che nuota a dieci metri dalla costa, cernie comprese; e scopre che il pesce, quando lo trovi, è carissimo. Perché qui ovviamente è vietato pescare, per proteggere leden marino strombettato dai dépliant di tutto il mondo. E il pesce che servono in tavola arriva tutto da Suez, da Port Said, dal Mediterraneo. «Il faro», otto anni fa non esisteva. Ora è diventato un po il ritrovo degli imprenditori italiani che hanno piantato le tende quaggiù. Come Christian Calusa, 28 anni, di Monfalcone, che dopo mezzogiorno viene qui a mangiarsi una pizza. Christian arrivò 9 anni fa, finito il liceo, per fare listruttore di diving, come si chiamano ora le immersioni subacquee. Doveva restarci un mese. Non se ne è più andato. Nel frattempo, oltre al «Sea Soul», lanima del mare, che ogni settimana, in media, registrava 150 nuovi arrivi di patiti dei fondali di Sharm, Calusa ha diversificato: è partito dal cotone, che commercializza in Italia, ed è approdato al mattone. Costruisce case di vacanza. «Trentacinquemila euro, la pezzatura minima, per appartamenti che rendono l11% lanno. Basta avere laccortezza di affittarla agli egiziani che lavorano qui. Se poi uno vuole venirci in vacanza, con quel che costa, basta comprarsi un pacchetto tutto compreso in qualsiasi agenzia di viaggi». Christian non è pessimista come Zavatti. «È vero: domenica sono partiti 900 italiani e ne sono arrivati 6. E le 250 persone che avevano prenotato le immersioni al Sea soul per agosto hanno cancellato tutti. Tranne un gruppo di 22 che poi non verranno neanche loro perché lo voglio vedere un tour operator che mette in pista un aereo destinato a partire semivuoto. Ma lesperienza del passato insegna. A Luxor, nel novembre del 97, i terroristi spararono deliberatamente sui turisti. E accaddero cose che voi giornalisti non avete mai saputo. A quei poveretti, dopo averli ammazzati, tagliarono le orecchie, la lingua». Qui, se avessero puntato esplicitamente sui turisti, ragionano Zavatti e Calusa, sarebbe bastato mandare i kamikaze all«Hard Rock Cafè», o alla «Dolce Vita», la grande discoteca nel deserto, dietro Naama Bay, dove tutti i venerdì si ammassano fino a 3500 persone. «Io resto qui. Ad andarmene non penso neppure», giura Christian. Ci sarà il calo, ma poi tutto tornerà come prima. Israele è a un passo, e gli americani, con quel che hanno investito qui e quello che lEgitto moderato rappresenta allinterno del mondo arabo, non permetteranno strani colpi di timone di tipo radicale».
Si guarda a nord, alle montagne e alle arsure del Sinai, terra di frontiera tra Africa e Asia in cui a dettare legge sono le tribù beduine, e guai a dire a un beduino che lui è egiziano. Ti risponderà che i beduini sono unaltra cosa. Droga, traffico di armi e di auto rubate, santuario di bande cammellate che proteggono tutti i traffici illeciti fra lArabia Saudita e il Sudan. I beduini sono la spina nel fianco del governo di Mubarak. Israele li coccola, perché sono una forza alternativa, una quinta colonna allinterno di un Paese con cui il vecchio Ariel Sharon è stato in guerra. È qui, dove dominano i clan nomadi, come a Khourum e ad Al Suwairat, dove ieri sera si è svolta una battaglia tra forze speciali e predoni del deserto sospettati di aver appoggiato i kamikaze pakistani, che forse si nasconde la chiave degli attentati alla «perla» del Mar Rosso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.