Il sogno del Sudamerica? Riportare Cristo in Europa

Se l’Europa non avesse da tempo voltato le spalle all’Europa che si trova dall’altra parte dell’Oceano, e che si chiama non per caso America «Latina», si sarebbe accorta della novità oggi più rivoluzionaria per quel mondo focoso: la novità di una Chiesa «cattolica, apostolica e romana» - così viene indicata nella Costituzione dell’Argentina - che si sente in marcia per «rievangelizzare» il Vecchio e sempre più indifferente Continente. Indifferente nei valori, che fatica persino a individuare. Invece un arcivescovo che il prossimo maggio accoglierà nella sua parrocchia di Aparecida do Norte il Papa in visita in Brasile per la quinta Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e del Caribe, ha dato voce - subito e significativamente ripresa da giornali sudamericani - a una posizione importante fra molte autorità religiose di quell’emisfero; importante ma soprattutto condivisa dalle popolazioni di radicata e sofferta fede cristiana. Sofferta, certo, perché laggiù il problema della fame e della povertà è vita vissuta per milioni e milioni di persone, mica retorica terzomondista per buonisti dalla pancia piena.
Questa voce racconta, dunque, della crescente difficoltà europea di reclutare sacerdoti, «le diocesi mi chiedono padri e perfino seminaristi perché le vocazioni sono insufficienti per sostituire gli anziani e i malati», riferisce monsignor Raymundo Damasceno nelle cronache dei giornali. E così conclude il suo lungo ragionamento: «Il cammino s’è invertito. Saranno il Brasile e l’America Latina a rievangelizzare l’Europa. Dobbiamo ricambiare rispetto all’invio dei missionari europei nel sedicesimo secolo. Ora tocca a noi essere una Chiesa missionaria e dinamica, soprattutto in Europa».
A parte gli aspetti organizzativi e tutt’interni alla Santa Sede, non può sfuggire il senso chiaro e profondo di questo nuovo richiamo per i credenti latino-americani. Richiamo, peraltro, in grande e interessante sintonia col pensiero del Papa, il quale da tempo ha indicato proprio nella «dittatura del relativismo» uno dei mali più corrosivi nell’Occidente. Siamo lontani anni luce, ormai, dalla politicizzata teologia sudamericana della liberazione, che aveva portato alla dura contrapposizione con la Chiesa di Roma. Una contrapposizione che è stata archiviata anche per gli interventi e i viaggi in Sudamerica dell’allora cardinale Joseph Ratzinger. Oggi i sacerdoti latino-americani sono ancora in prima linea contro le ingiustizie e gli sfruttamenti, anzi, ancor più in prima linea di ieri. Ma la loro azione pur a tutto campo e senza sconti per la classe politica, non ha più il sapore né della politicizzazione marxista né della compromissione militarista che ebbe più volte in passato. E questo sta contribuendo all’avvicinamento di molti credenti verso l’istituzione. Al punto che non di rado i vescovi godono di maggiore credibilità dei politici. Persino in Paesi dalla consolidata e orgogliosa tradizione laica come l’Uruguay, dove monsignor Nicola Cotugno, vescovo italiano di Montevideo, è una delle figure più ascoltate e rispettate del Paese.
Vale quindi la pena di prestare molta attenzione all’America Latina in cammino, nell’intento di «ritrovare» l’anima cristiana dell’Europa, e di aiutare l’Europa a ritrovarla. Col drammatico anacronismo di Cuba e il rischioso populismo del Venezuela, ormai tutte le nazioni hanno fatto della democrazia la strada istituzionale del «non ritorno», superando per sempre la vecchia, tragica e falsa alternativa delle «due G» (golpe o guerriglia) che ha insanguinato e tradito per anni quel Continente. E anche l’assetto oggi democratico di governi eletti dal popolo, e sempre meno inclini all’ideologismo, consente agli uomini di Chiesa di essere più liberi nella loro azione pastorale. Quando a Cesare si dà quel che è di Cesare, chi è chiamato a raccontare la parola di Dio non perde, ma acquista maggior forza. Magari per ricordare a Cesare di non disperdere i valori della latinità della grande patria europea da cui proviene, di qua e di là dell’Atlantico.
f.

guiglia@tiscali.it

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