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La Somalia verso il divieto di infibulazione femminile

Nel Paese il 98% delle donne vittima di mutilazioni genitali. Ora il governo pensa di bandire la pratica

La Somalia verso il divieto di infibulazione femminile

È un'atrocità si sa, ma la rassegnazione difronte alla realtà ha fatto si che l'infibulazione sia spesso considerata una tragedia contro la quale poco si possa fare, se non accettarla con fatalista impotenza: un crimine straordinario, mascherato come un ordinario orrore ineluttabile.

Ma proprio dalla Somalia, il Paese dove le mutilazioni genitali femminili colpiscono il 98% delle donne, arriva un forte segnale, da parte delle Autorità, per combattere questa pratica.

In una conferenza tenuta a inizio agosto a Mogadiscio, Sahra Mohammed Ali Samatar, il Ministro delle politiche femminili, ha dichiarato che il Paese si sta muovendo per bandire l'infibulazione e durante l'incontro, ha così parlato: «È arrivato per noi il momento di sradicare questa cattiva pratica e proteggere i diritti delle ragazze e delle donne nel nostro Paese».

Formalmente il rituale, che prevede la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili, nel Paese del corno d'Africa è stato bandito nel 2012 dalle Nazioni Unite, ma la pratica continua ad essere praticata ampiamente.

Oggi, invece, la decisione governativa di dare una battuta d'arresto a una delle piaghe che affliggono la nazione africana sembra quanto mai concreta e a plaudire alla dichiarazione del ministro c'è anche Brendan Wynne, dell'organizzazione Equality Now.

Ad oggi, stando ai dati del World Health Organization, nel mondo, più di 125 milioni di ragazze e donne sono state vittime di mutilazioni genitali.

Numeri che non sono delle semplici stime, ma che invece corrispondono a 125 milioni di volti, di lacrime ed urla, di nomi femminili, i cui diritti sono violati da una barbarie troppo spesso aggravata da un resa collettiva a una passiva accettazione.

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