Controcorrente

Sono fuggiti dal regime cinese Ora predicano in un capannone

Fra' Paolo Hou e la sua missione nella Chinatown di Prato

Se l'Italia diventa terra di missione è anche perché molti immigrati sono cristiani. Dall'Africa e dal Medioriente non fuggono i fedeli di Maometto ma quelli di Gesù. Dall'Est europeo arrivano romeni, polacchi e ucraini in cerca di lavoro. E tanti cinesi giungono in Italia, oltre che per costruirsi un futuro migliore, anche per fuggire la durezza di un regime ateo. Gli immigrati vengono seguiti da cappellani designati dai vescovi.

Un'esperienza particolare è quella in atto a Prato, la maggiore enclave europea di cinesi. Qui il vescovo Franco Agostinelli ha affidato la parrocchia dell'Ascensione al Pino da 15 anni punto di riferimento per gli orientali - a quattro frati minori francescani, due italiani e due cinesi.

Fra Roberto Bellato, il parroco, conosce il cinese per aver operato come missionario per sei anni a Taiwan e Hong Kong. I francescani vivono in un capannone della Chinatown pratese come i fedeli ai quali si rivolgono e celebrano messa con le porte della chiesa spalancate. Sulla facciata degli ambienti parrocchiali, la targa di marmo che indica la parrocchia dell'Ascensione è sovrastata da una scritta in ideogrammi cubitali.

La comunità di cinesi cattolici conta qualche centinaio di fedeli, pochi rispetto alle migliaia di immigrati con gli occhi a mandorla che popolano Prato. Ma il vescovo ha voluto che ci fosse un segno di integrazione. Per sei anni ha operato un religioso agostiniano, padre Francesco Saverio Wang. L'anno scorso, quando è rientrato a Hong Kong, è arrivato fra Paolo Hou, 44 anni, consacrato dal 1992, che non aveva mai messo piede in Italia (nella foto). Timido, piccolino, proprio fra Hou è stato uno dei 50 delegati della società pratese che lo scorso novembre hanno potuto salutare di persona Papa Francesco in visita alla città toscana. «Per i fedeli della comunità cinese ha raccontato il religioso possiamo organizzare una sola messa alla settimana, la domenica alle 15,30. In tutto il resto della settimana sono molto impegnati con il lavoro e quella celebrazione, a volte, è l'unico momento possibile per loro per incontrarsi fuori dalle fabbriche». Il frate sta ancora imparando l'italiano. Conosce meglio l'inglese imparato in patria e nelle Filippine, dove era stato inviato per un periodo.

Per i cinesi, tuttavia, le messe e gli incontri di catechesi e di preparazione ai sacramenti sono attività in cui si parla il mandarino. Lo stesso vescovo, nelle processioni quaresimali nel quartiere cinese, fa recitare le stazioni della Via Crucis nelle due lingue. «Non abbiamo nessuna intenzione di marcare il territorio ha spiegato il presule la nostra è la semplice volontà di portare Cristo per queste strade che fanno parte del nostro territorio diocesano».

I quattro frati di Prato, che sono aiutati da tre suore cinesi delle Francescane del Sacro Cuore di Gesù (congregazione fondata proprio in Cina oltre 90 anni fa), seguono sia gli italiani sia gli orientali. Ha detto fra Bellato al mensile Credere: «Vorrei che tutti i fedeli partecipassero alle stesse celebrazioni, senza organizzare momenti separati. La trovo una perfetta scuola di integrazione anche per chi non viene in chiesa».

SFil

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