Cultura e Spettacoli

"Voldemort non fa più paura e ora mi do alla commedia"

Ralph Fiennes, raffinato attore inglese, è protagonista di The Grand Budapest Hote in cui interpreta un surreale portiere d'albergo alle prese con un omicidio

"Voldemort non fa più paura e ora mi do alla commedia"

«Tra me e Bill Murray abbiamo fatto a gara a chi è più timido. Abbiamo perso tutti e due». Così dice Ralph Fiennes, il celebre attore inglese (famoso per Il paziente inglese, 1996, e come Lord Voldemort nei vari Harry Potter) parlando del suo nuovo film, The Grand Budapest Hotel, che arriverà nelle sale itale il 10 aprile.. Fiennes, 52 anni, e ancora più famoso per le molteplici interpretazioni della pronuncia del suo nome di origine normanna, che per correttezza, è: «Reif Fains».
Dopo anni trascorsi a recitare il tetro Voldemort, Fiennes si dà alla commedia «screwball» (lo stile svitato del cinema americano degli anni Trenta) in Budapest Hotel di Wes Anderson (Royal Tannenbaum): è un concierge molto sui generis in una città europea fittizia negli anni Trenta appunto, tra le due guerre, situazioni assurde e personaggi molto comici (interpretati, tra gli altri, da Bill Murray, Owen Wilson ed Edward Norton). Un portiere di hotel si ritrova coinvolto in un'inchiesta per omicidio e complotto politico quando una celebre cliente (Tilda Swinton) all'improvviso muore.
Fiennes, candidato all'Oscar per Schindler's List nel 1993 e per Il paziente inglese nel 1996, aveva già mostrato una verve comica con In Bruges e la commedia romantica Maid in Manhattan. Per questo Anderson lo ha voluto e scritturato, Voldemort o meno.

Fiennes, lei teneva molto a questo ruolo, anzi, vi si è riconosciuto.
«Lavorai davvero in un hotel, quando ero giovane, prima di iscrivermi all'Accademia di arte drammatica».

L'affascinante Fiennes lo racconta nel nostro incontro a New York (all'Hotel Crosby Street) per il lancio del film.
«Era il Brown's Hotel di Londra. Lavorai prima come tuttofare, cioè quello che andava nelle camere a riparare le docce, sostituire le tende o passare l'aspirapolvere nei corridoi. Poi ero quello in uniforme che portava le valigie degli ospiti alle loro stanze. Ricordo che una volta trasportai i bagagli a Jack Palance dalla sua camera giù fino alla sua limousine. Una grande emozione!».

Qual è stata la sua esperienza più strana lavorando in un hotel?
«Una volta una signora mi chiese di aiutarla a preparare la vasca da bagno e aiutarla fare il bagno - risponde Fiennes ridendo di gusto, lui di solito così timido e schivo -. Dissi di no. Mi rifiutai. Avevo solo 19 anni, e non avevo idea di cosa la signora avesse in mente. In questi casi bisogna saper dire no, gentilmente. Così t'insegnano alla scuola alberghiera».

Dopo l'esperienza di Budapest Hotel, si può realmente dire che lei non è solo un attore drammatico?
«Lo sono pure. Ma Budapest mi ha ricordato quel tipo di commedia classica anni Trenta e Quaranta alla Ernest Lubitch e Frank Capra che a me piace moltissimo, con quel tipo di recitazione che richiede velocità di dizione, per niente naturalistica, tutta basata invece sul ritmo e lo stile».

Lei è famoso non solo per il suo talento di attore ma anche per il suo nobile portamento. Sappiamo che è perfino cugino, seppur lontano, del Principe Carlo d'Inghilterra. Come vede se stesso?
«Alla corte reale britannica c'è sempre stato il saltimbanco. Poi magari insignito di qualche onorificienza. Io sono uno di questi. I miei genitori hanno sempre avuto problemi economici. Tutti noi figli siamo cresciuti sentendoci dire che non c'erano soldi, che dovevamo vendere questo o quello, che non ci sarebbero stati regali a Natale. Altro che nobiltà: fin dall'infanzia siamo stati in prima linea davanti allo spettro della povertà. Un'atmosfera che ci ha sempre caricati di ansietà. Cosa faremo? Cosa faremo? Ce lo chiedevamo sempre tutti. Per questo, forse, avevamo un'immaginazione galoppante. E per questo, forse, mi sono identificato così tanto nella finta nobiltà del congierge del Budapest Hotel».

Come considera oggi se stesso?
«Mi considero un intellettuale ancora prima che attore, e lo dico senza vanità. Ma sono anche un essere umano debole e carnale. E non è facile trovare degli angeli consenzienti che riescano a comprendere il mio carattere involuto».

Nemmeno per un divo come lei?
«Di persona sono timido e schivo. Mi viene più facile fare l'amore durante la scena di un film che nel privato, almeno la prima volta. E sono strettamente monogamico.

Non ho mai voluto approfittare del mio fortunato e del tutto inatteso successo, come avrei potuto fare».

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