Cultura e Spettacoli

Addio J.R., il supercattivo che tutti amavano odiare

Ora che i pantheon vanno di moda, di certo in quello del berlusconismo merita un posto non secondario anche lui, Larry Hagman, noto ai più con il nome di J.R. Ewing. È morto a 81 anni in seguito a un cancro alla gola l'attore che ha dato corpo e maschera al cattivo di Dallas. Era nato nel settembre del 1931 a Forth Worth, in Texas. Figlio d'arte, aveva iniziato a recitare in uno spettacolo della madre, Mary Martin, grande attrice di Broadway, in tournée in Gran Bretagna. Nel 1954 aveva sposato Maj Axelsson, una giovane designer svedese, prima di tornare in America e cominciare a lavorare seriamente in televisione. Negli anni '90, dopo un lungo periodo di problemi con l'alcol, gli erano stati diagnosticati un tumore al fegato e la cirrosi epatica.
Sebbene siano trascorsi trent'anni dalla sua comparsa sugli schermi italiani, non è facile scindere la biografia dell'attore da quella del personaggio. L'identificazione era perfetta. Nonostante fosse già divenuto popolare nei panni dell'astronauta Tony Nelson nella sitcom Strega per amore, in pochi casi nella storia della fiction un singolo ruolo ha tanto dominato sulla vita e la carriera di un attore. Anche perché quella rappresentazione divenne subito emblema di un mondo, di uno stile e di una filosofia quotidiana, ben oltre la serie tv. In un certo senso, John Ross Ewing è stato il vero antenato del berlusconismo. E Hagman ha reso alla perfezione l'indole del capitalista spietato e donnaiolo. Ma tremendamente carismatico. Al punto che, pensato come secondario dai produttori della Cbs, dove la serie andò in onda dal 1978 al 1991, quel personaggio conquistò invece il centro della scena. Un grande malvagio con cappello e stivali da cowboy, dotato di una certa grandezza.
Come notò felicemente Roberto D'Agostino, la ricchezza, l'opulenza e l'ambizione che tracimavano dal ranch di Southfork, in America divennero il paradigma dell'edonismo reaganiano. Da noi Dallas esordì nella primavera del 1981 su Raiuno. Ma non era roba adatta al servizio pubblico di quell'epoca. John Ross Ewing era perfetto per il nascente network commerciale di Silvio Berlusconi, un rampante imprenditore edile che si era sfrontatamente messo in testa di fare concorrenza alla Rai - Radiotelevisione italiana. «Corri a casa in tutta fretta c'è un Biscione che ti aspetta»: era lo slogan di Canale 5 che tappezzava le mura delle città italiane all'uscita dal tunnel degli anni di piombo.
Ma ben presto quel Biscione divenne lui, il crudele ambiguo vincente J.R. Il malvagio che il pubblico amava odiare. Non a caso l'episodio che conquistò il primato di audience (83 milioni e il 76 per cento di share in America, 350 milioni di telespettatori in 57 Paesi) fu quello intitolato «Chi ha sparato a J.R.». «Non riesco a ricordarmi con quante persone sono andato a letto, ho accoltellato alle spalle o ho spinto al suicidio», raccontò una volta Hagman per rendere il grado di abiezione del suo personaggio. Attorno a lui si muoveva una schiera di donne belle ma disinibite come Sue Ellen (Linda Gray) e di figli benintenzionati ma meno carismatici come Bobby (Patrick Duffy). Il patriarca indiscusso però era lui. E il suo ranch con i party in piscina, le auto di lusso, un certo relativismo nei costumi che sfociava nella famiglia allargata divenne la casa madre del «glamour» moderno. L'America scopriva il Texas, l'Italia cominciava a conoscere la Brianza, terra ruspante e spiccia, popolata di self made man magari non laureati a Cambridge ma tremendamente concreti.
Un mese fa Canale 5 ha trasmesso il sequel che negli Stati Uniti aveva riscosso notevole successo.

Ma dopo due puntate disertate dal grande pubblico è stato spostato su La5.

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