Cultura e Spettacoli

Aldini, lo scienziato che diede la scossa al mito di Frankenstein

L'italiano, nipote di Galvani, divenne celebre in Europa perché cercava di resuscitare i morti

Aldini, lo scienziato che diede la scossa al mito di Frankenstein

Rianimare i morti con la forza dell'elettricità? Ovviamente vi viene subito in mente Frankenstein o il moderno Prometeo di Mary Shelley, scritto tra il 1816 e il 1817. Come sia nata l'idea del romanzo è nota. Il 1816 è famoso per essere stato l'anno senza estate. La sorellastra di Mary, Claire Clairmont, diventata l'amante di Lord Byron, convince i coniugi Shelley a seguirla a Ginevra. Il tempo piovoso confina spesso i ricchi inglesi nella loro residenza di Villa Diodati, dove occupano il tempo leggendo storie di fantasmi. Byron propone allora di comporre loro stessi una storia macabra: tutti cominciano a scrivere, ma Mary non ha subito l'ispirazione. Intanto le lunghe conversazioni dei presenti - c'è anche il medico e segretario di Byron John William Polidori - si orientano sulla natura dei princìpi della vita, sul galvanismo, sulla possibilità di assemblare una creatura e infondere in essa la vita. Da lì il romanzo ma chi aveva dimostrato agli inglesi gli effetti della corrente elettrica su un corpo umano morto? E dimostrato in modo molto macabro gli effetti incredibili del galvanismo?

Un italiano, nipote proprio di Galvani, Giovanni Aldini (1762-1834), divenne famoso in tutta Europa proprio per i suoi esperimenti elettrici sui cadaveri. E uno dei suoi esperimenti più noti e discussi, elettrificando il corpo di un impiccato per omicidio, lo portò avanti nella fumosa, fangosa e malsana Londra del 1803. Creò un dibattito pubblico così forte e violento che difficilmente il fatto può essere sfuggito a Byron e compagni. Di questo scienziato italiano che dedicò la sua attenzione ai sistemi anti incendio, all'illuminazione e all'energia elettrica applicata alla rianimazione (per certi versi è il padre dell'idea del defibrillatore), non c'è grande memoria. Eppure agli inizi dell'Ottocento era considerato da alcuni un demone che cercava di resuscitare i morti, da altri un geniale scienziato. Ora ci ha pensato Lorenzo Beccati, autore televisivo famoso anche per i gialli storici avvincenti, a raccontarne le vicende, romanzandole, ne Il resuscitatore (DeA Planeta, pagg. 220, euro 16). Partiamo dai fatti reali. Nato a Bologna da una sorella di Luigi Galvani (che disputò con Volta sulla natura dell'elettricità) ebbe una carriera accademica lunghissima. Chiamato nel 1798 alla cattedra di Fisica di Bologna, lasciata dal suo maestro Sebastiano Canterzani, la mantenne, insieme con molte altre cariche accademiche, sino al 1807, quando fu nominato membro del Consiglio di stato di Milano proprio in virtù della sua dottrina. Perfezionò lampade di sicurezza, vesti anti incendio per i pompieri, sistemi a vapore per le filande, fece esperimenti di elettroshock e... Cercò di risvegliare dal sonno eterno i cadaveri elettrificandoli.

Questi esperimenti, condotti in pubblico e con grande senso dello spettacolo erano quelli che lo fecero cacciare da Parigi nel 1803 e poi approdare a Londra. Dopo aver già elettrificato in Italia teste di cani e di cavalli, che sotto l'effetto delle scariche contraevano i muscoli e roteavano gli occhi, voleva poter operare con un cadavere umano. Venne al caso suo quello di un condannato per omicidio: George Forrest. L'Inghilterra possedeva, già all'epoca, un certo numero di giornali che si dedicavano alla cronaca nera, come The Newgate Calendar, che dedicarono ad Aldini e all'esperimento con il corpo di Forrest, che era stato accusato di aver ucciso la moglie e il figlio, grande spazio. Descrissero i movimenti del cadavere, le convulsioni, gli occhi che si aprivano e richiudevano. Mary Shelley all'epoca aveva sette anni... Ma i punti di contatto tra le due storie sono davvero tanti.

Beccati poi costruisce una crime story davvero avvincente, che si dipana nella Londra di inizio Ottocento. Forrest, l'impiccato era davvero colpevole del crimine ascrittogli? O la condanna del giudice, basata su prove sommarie era un errore giudiziario a cui, involontariamente, Aldini ha aggiunto il secondo affronto di un esperimento al limite del cinismo?

Nel romanzo è Aldini stesso, quasi uno Sherlock Holmes ante litteram, a risolvere il dilemma.

Ovviamente a colpi di scienza e lottando contro superstizione e clero corrotto.

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