Cultura e Spettacoli

Gli alpini conquistano la Scala

Per la prima volta il coro dei soldati si esibisce nel tempio della lirica

Gli alpini conquistano la Scala

È finita con tutti in piedi a cantare Trentatré, con palchi e loggione a battere le mani al tempo del loro inno. Senza parole, perché almeno di quelle gli alpini sono avari, non certo dei 2 milioni e 600mila ore di lavoro e dei 6 milioni e 200mila euro donati solo nell'ultimo anno per attività di solidarietà e documentati nel loro Libro verde.

«Per gli alpini non esiste l'impossibile» recitava il motto dell'ultima adunata. E così come prologo a quella in programma da venerdì 10 maggio a Milano, l'impossibile che si realizza è stato far entrare per la prima volta i loro canti alla Scala. Il tempio della lirica occupato con la naturalezza di chi è abituato a conquistare ben altre cime. «Questa - il benvenuto del sindaco Giuseppe Sala - è la casa della forma più pura dell'arte e per questo il coro degli alpini ci sta benissimo». Per l'occasione quello della sezione milanese che tra i velluti rossi del Piermarini anticipa il raduno numero 92 che festeggerà il centenario dell'Associazione nata proprio a Milano nel 1919 all'indomani della Grande Guerra e che porterà in città oltre 500mila persone.

Due ieri le ore di esibizione sotto la direzione del maestro Massimo Marchesotti e alla presenza del presidenze nazionale Sebastiano Favero e del comandante delle Truppe alpine, il generale Claudio Berto. Struggenti le melodie, strazianti i testi che raccolgono esperienze terribili di guerra e invocazioni di pace. O Gorizia tu sei maledetta a raccontare la pena di una battaglia in cui persero la vita 21mila soldati italiani e 9mila austriaci. Ma anche il Tricolore che alla fine sventola vittorioso sul Ponte di Perati con cui la Brigata Julia ricordava l'avvio della campagna di Grecia e quella Vojussa che si fece rossa del loro sangue di valorosi. Così come La tradotta «che parte da Torino/a Milano non si ferma più/ma la va diretta al Piave/cimitero della gioventù». E poi Monte Nero, Monte Pasubio, Stelutis alpinis.

«Nella musica popolare - le parole del presidente della sezione Ana di Milano - è contenuta la parte più vera e profonda della nostra storia e tradizione, della sofferenza e delle speranze di quella gente semplice e laboriosa che ha reso grande anche la nostra città».

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