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“Ambulance”: Michael Bay e l’arte di trasformare un inseguimento in film

Una rapina è il pretesto per confezionare un action-thriller che è una lunga e ingegnosa sfida tra guardie e ladri. Adrenalina, spettacolarità e divertimento, con retrogusto drammatico.

“Ambulance”: Michael Bay e l’arte di trasformare un inseguimento in film

Per i fan dei film d’azione, Ambulance è sicuramente un must see.

L’ultima fatica di Michael Bay, da oggi in sala, è fedele ai canoni del suo cinema, in cui tutto è eccessivo e spettacolare. Il regista si cimenta nel remake dell'omonima pellicola danese di Laurits Munch-Petersen del 2005, realizzando qualcosa che, pur iniziando come un film di rapina, diventa presto altro, un miscuglio di azione frenetica e battaglia psicologica che ha la strada come sfondo.

Danny Sharpe (Jake Gyllenhaal) ha organizzato il piano di una rapina in banca a Los Angeles. Convince il fratello, l'ex marine Will (Yahya Abdul-Mateen II), ad aiutarlo, puntando sul fatto che a quest’ultimo servono soldi per pagare una costosa operazione alla moglie ammalata. Il colpo però si rivela molto più difficile di quanto previsto e ha luogo una violenta sparatoria con le forze dell'ordine. I due fratelli, come via di fuga, prendono possesso di un’ambulanza accorsa per soccorrere il poliziotto che nel frattempo hanno ferito e che sarà loro ostaggio con il paramedico già a bordo del mezzo, Cam (Eiza Gonzalez). Per le strade di Los Angeles, braccati da auto della Polizia e dagli elicotteri dell'FBI, i due proveranno di tutto per farla franca.

Il regista di vari episodi del franchise “Transformers” firma stavolta un’avventura alla “Fast & Furious”, una folle corsa ad alta velocità cui partecipa un dispiego di forze dell’ordine dalle divise diverse e talvolta “in concorrenza” tra loro. Anche tra le fila nemiche ci sono attriti interni: sull’ambulanza del titolo, infatti, tra il criminale in carriera e il veterano deluso dall’irriconoscenza del suo Paese, emergono piano piano incomprensioni sul da farsi. Il primo pare essere sempre più sopraffatto e in preda al caos mentre il secondo mantiene un baricentro morale. Si sente l’eco di titoli del cinema d’azione anni ’80 e ’90, da “Die Hard” a “Speed” per intendersi, e i due fratelli criminali richiamano specularmente la tipica coppia poliziotto buono-poliziotto cattivo dei buddy film.

Los Angeles, come è evidente fin dal titolo in cui le lettere LA nella parola “ambulance” sono maiuscole, non fa da semplice ambientazione ma è parte integrante del film, il "personaggio" su cui più indugia la cinepresa. Attraverso sequenze panoramiche (è massiccio l'impiego dei droni), si lasciano presto i palazzi del centro in un viaggio verso quella che sembra una periferia infinita: qui, tra aree industriali dismesse e capannoni dal dubbio impiego, si nasconde l’anima nera di una città che, a dispetto del nome, appare tutt’altro che angelica.

“Ambulance” mette in risalto le qualità di un cinema un po’ gradasso e che non ha alcun imbarazzo a tenersi lontano da qualsivoglia sottigliezza. Per oltre due ore si è ostaggio di riprese dinamiche che riguardano esplosioni, ribaltamento di veicoli, sparatorie e perfino un’operazione chirurgica compiuta via video. L’impiego di vari stratagemmi, sia da parte dei fuggitivi che di chi è alle loro calcagna, garantisce un andamento vertiginoso degli eventi e tiene col fiato sospeso. Il continuo e ingegnoso rilancio di situazioni pericolose, anche se dal realismo assai esile, è la poderosa operazione di make-up atta a nascondere la pochezza di una trama come tante, in cui alcune persone si trovano a condividere unità di luogo e di tempo e a veder cambiare la propria vita per sempre.

Buone le performance attoriali, soprattutto quella del carismatico Jake Gyllenhaal nei panni di cinico e suadente manipolatore sull’orlo del collasso emotivo, ma la caratterizzazione dei personaggi, in linea generale, rimane minima, il che mina il cuore drammaturgico del film.

"Ambulance” ha il pregio di far scorrere un fiume di adrenalina senza mai essere banale e senza conoscere quindi cali d’attenzione da parte dello spettatore, ma due ore e un quarto restano eccessive per un film che consiste quasi per intero in un inseguimento.

Dietro il tripudio action, ad ogni modo, i più attenti sapranno intravedere anche altro: il ritratto soffuso di un’America, quella odierna, le cui luci e ombre sono colte in divenire.

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