Cultura e Spettacoli

«Animal House», il fascino della goliardia

Anche le goliardate hanno un loro fascino. A 40 anni di distanza riesce ancora a far sorridere, e in certi passaggi a sbellicare dalle risa, Animal House, diretto dal ragazzo prodigio, allora 28enne, John Landis (ore 21 Canale Venti). Autore, di un altro capolavoro della comicità demenziale, come The Blues Brothers (1980) e di un indimenticabile horror grottesco come Un lupo mannaro americano a Londra (1981). Dunque Animal House si apre nel campus universitario di Faber, anno 1962. Due matricole non troppo sveglie, Eric (Tim Matheson) e Kent (Stephen Furst), sono cacciate dagli studenti anziani del club Omega. Bussano allora senza problemi al più scalcinato gruppo dei Delta, disposto ad accogliere chiunque. Scopriranno che lo studio, nella gerarchia dei valori, viene preceduto, in ordine sparso, dall'amicizia, dalla caccia alla femmina, dagli scherzi ai rivali e dalle bevute di birra di cui è imbattibile alfiere Bluto (John Belushi, morto di overdose a solo 33 anni). Una commedia irriverente, dalla sceneggiatura a dir poco asmatica, non priva di spunti geniali, che strizza vagamente l'occhio ai pacifisti anti-Vietnam ma più che altro sbeffeggia il sistema. Un film spassoso, ma che a qualcuno potrebbe risultare perfino insopportabile, ideologicamente parlando, e sicuramente un po' datato. Per esempio nella moda, fortunatamente di breve durata, del toga party, dove i partecipanti a certe feste dovevano presentarsi ricoperti soltanto da un lenzuolo bianco.

Un pizzico di nostalgia accompagnerà le risate grazie a molte belle canzoni di tanti, tanti anni fa.

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