Cultura e Spettacoli

Bellezza, bruttezza, kitsch. Il gusto di Eco per l'arte

Mille pagine del semiologo da Vasari a Manzoni. E un paio di ottime idee sui musei del futuro

Bellezza, bruttezza, kitsch. Il gusto di Eco per l'arte

Forse alcuni ricorderanno un Umberto Eco divulgatore circondato da volumi in Occhio critico-Informazioni d'arte, trasmissione culturale della RSI, il canale della Svizzera italiana. In una puntata del 1976 si trova su Youtube spiega ad esempio perché un artista come Piero Manzoni dovesse inscatolare le sue feci: «Grande orgoglio ed estetismo» in un gesto che dimostrerebbe «uno degli aspetti dell'arte dell'ultimo ventennio: la distruzione di oggetti venerabili». Era solo uno dei viaggi nell'arte che il professore faceva per la tv, muovendosi tra le declinazioni kitsch della Gioconda e i limiti dell'arte concettuale e che dimostra in modo mediatico l'interesse di Eco per l'arte. La sua capacità, negli anni, di trattarne artisti, correnti e temi è al centro di una vera e propria impresa saggistica che ha visto protagonista lo storico dell'arte Vincenzo Trione, curatore di Sull'arte. Scritti tra il 1955 e il 2016 (La nave di Teseo, 35 euro, pagg. 1136).

Si tratta di un volume gargantuesco, eterogeneo e al contempo organico, in cui, dopo averli ritrovati, riletti e riorganizzati, Trione raccoglie saggi, presentazioni, conferenze, articoli sull'arte a firma Umberto Eco: «Sin dagli anni della laurea Eco si è interrogato sull'arte e nessuno sospettava che quell'interesse avesse sempre accompagnato il suo lavoro di filosofo, teorico, studioso dei media e scrittore», ci spiega Trione. «L'operazione archeologica è stata compiuta al fine di poter ottenere tre macroaree: testi teorici, testi di intervento su movimenti, tendenze, artisti e la terza militante. Abbiamo dunque fatto riemergere in tutti i libri di Eco, dalla stagione pre-semiotica in poi, i riferimenti all'arte. Poi, accanto a questo lavoro antologico, abbiamo cercato testi, articoli, Bustine di Minerva e, lavoro ancora più sorprendente, recuperato i testi pubblicati in cataloghi di artisti, - tra gli altri Arman, Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello, Eugenio Carmi, Baj, Ugo Mulas, Pericoli, Tadini - movimenti e tendenze. Cataloghi, questi, perlopiù dimenticati e rarissimi. Infine, abbiamo raccolto gli scritti più militanti o di valenza civile, compreso un inedito, quello del discorso pronunciato nel 2015 a Milano sulla bellezza, in occasione di Expo. Una ricerca durata nel complesso cinque anni. All'apparenza è un libro dispersivo, mobile, in cui si passa da argomenti legati alla quotidianità a momenti storici e più teorici, ma un filo rosso esiste: non a caso definisco il volume come il trattato sull'arte che Eco nella sua vita ha composto al di là della sua volontà».

Eco non era uno storico dell'arte e non ne aveva la formazione, ma è proprio questo a dargli grande libertà nello scriverne: non ha uno sguardo vincolato e si muove con leggerezza e profondità insieme. Inutile dire che il risultato è una godibilità per il lettore inarrivata da molti critici e storici, spesso impegnati a dimostrarsi e a dimostrare più che a comprendere e a far comprendere: «Ci sono pagine divertentissime in cui se la prende con la critica e prova a smontarne una serie di cattive abitudini», continua Trione. «Detestava la critica d'arte. Diceva che è stata troppo al gioco dell'arte contemporanea e che negli ultimi anni - e lo scrive alla fine degli anni Ottanta in Ritorno al Vasari - anziché aiutare a capire diventa più ermetica dell'arte stessa: i critici si limitano a orecchiare teorie marxiste e strutturaliste senza assimilarle. Quindi torniamo al Vasari, scrive, e partiamo da una domanda: Mi piace quest'opera? Come ha dipinto l'artista quell'opera, chi ha frequentato, che cosa lo interessava?».

Tra temi infiniti come bellezza, bruttezza e venerabilità, l'accento più forte è sicuramente sull'arte contemporanea, con cui il rapporto è persino affettuoso, ma anche dibattimentale. Secondo il professore, se tra i pericoli c'è quello che la mancanza completa di regole delegittimi tutto e svuoti l'arte di ogni senso, tra i meriti c'è quello di aiutarci a guardare con una prospettiva aumentata alcuni fenomeni propri della contemporaneità: i sacchi sono sempre esistiti, ma da quando Burri gli ha conferito dignità estetica li guardiamo indubbiamente con occhi diversi. Ecco perché non mancano passaggi in cui Eco ipotizza l'arte del futuro: «Nel 1999 si tiene un convegno alla Biennale ed Eco scrive un articolo a commento in cui intuisce il destino dell'arte», racconta Trione. Prepariamoci a un passaggio radicale dall'opera aperta all'opera flusso, dice sostanzialmente Eco, che significa che se nell'opera aperta c'è inizio e fine, nell'opera flusso puoi entrare e uscire quando vuoi. Se si pensa alle installazioni che occupano i grandi eventi internazionali da vent'anni a questa parte questa è una profezia realizzata».

A leggere questi testi, pur nel rispetto delle macroaree concretizzate da Trione, le ricorrenze metodologiche e concettuali, come l'assemblaggio, nell'argomentazione, di opere d'arte e oggetti quotidiani, sono così coerenti da dare l'impressione che ci siano due piani complementari: un approccio semiotico e un approccio sociologico-fenomenologico. Il primo, come ci conferma il curatore, portava Eco a dissezionare l'opera d'arte, il secondo a descriverla e a cercare di capire quello che di volta in volta scopriva. I due piani però, sebbene distinguibili, non sono mai distinti, ma procedono insieme, come se Eco costruisse una mappa e all'interno di quella mappa ci fossero continenti più storici, in cui la distinzione tra Botticelli e la musica pop è chiara e altri in cui addita e compone la presenza dell'arte dove non ti aspetteresti. Questo permette a Eco una fotografia del presente intrecciata con il passato, come fa ad esempio per il concetto di kitsch, e con il futuro, come fa per il destino dei musei.

Se ad esempio la sua idea di kitsch è che poteva essere dappertutto, negli oggetti d'arte ma anche nella vita quotidiana o nella politica (lo vediamo in tutti gli scritti dopo il 2000, come Il bello è brutto e il brutto è bello?,2006, o Kitsch Kitsch Kitsch, hurrah!, 2014), è perché il kitsch secondo Eco non è tanto il cattivo gusto, quanto la cultura media, alla quale ci riferiamo tutti al di là di ceto o provenienza, un terreno comune al quale tutti attingiamo. Come farebbe un cacciatore di pepite, non si prefissava di distinguere la qualità dalla mancanza di qualità e nello scorrere gli scritti del volume alla fine pare proprio questa la grande differenza con, poniamo, Argan: conservare l'atteggiamento da fenomenologo. Ma, come dicevamo, il volume fornisce anche indicazioni magistrali su un possibile futuro rinnovato per la fruizione dell'arte, ad esempio per quanto riguarda i musei: «L'idea è geniale e mai realizzata fino ad ora», chiosa Trione. «Eco pensa che il vero museo ideale sia quello che ruota intorno a un'unica opera - e cita la Primavera di Botticelli - in una sala principale. Le sale precedenti raccontano le opere che hanno condotto a quel capolavoro finale come approdo: lo spettatore viene accompagnato nella conoscenza dei riferimenti storico-artistici e antropologici che hanno condotto Botticelli fino a lì.

È l'opposto delle mostre su opere feticcio fatte sinora: è il museo del futuro».

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