Cultura e Spettacoli

"Belluscone", l'arte di diffamare ridendo (e facendo ridere)

"Belluscone", l'arte di diffamare ridendo (e facendo ridere)

Si ride parecchio vedendo Belluscone. Una storia siciliana , presentato al Lido nella sezione «Orizzonti». Il merito è di Franco Maresco, geniale regista palermitano che ha preferito disertare Venezia per non «sporcare» la sua opera con polemiche, pensa un po', su Berlusconi. Ce ne saranno probabilmente, e in abbondanza, in rapporto a come il film verrà distribuito. Perché la sua tesi è, come dire, un tantinello forte: l'impero berlusconiano è stato costruito con i soldi della mafia. Nello specifico: 20 miliardi investiti da Cosa nostra sulla tv commerciale e non sul narcotraffico, come dice lo stesso regista-autore-intervistatore tirando in ballo Stefano Bontade, boss di Villagrazia. Comunque, complimenti a Maresco perché ha messo su un film in cui, ridendo e scherzando, si dice che il fondatore di Mediaset è stato contiguo alla criminalità organizzata. E anzi, le deve la nascita del suo business.

La differenza rispetto alla valanga di film e documentari visti finora sul tema è la cifra ironica. Al posto del livore giustizialista che vedremo presumibilmente dopodomani nel documentario di Sabina Guzzanti, si predilige il tono scanzonato. Il tutto confezionato in un documentario su cui però s'innesta un altro giallo: l'improvviso ritiro di Maresco, scoraggiato dalle difficoltà di completare l'inchiesta. Per ricostruire le ragioni del suo eclissarsi indaga l'amico e critico Tatti Sanguineti. Maresco era partito da Brancaccio, quartiere ad alta densità mafiosa e di plebisciti per Forza Italia, dove l'impresario Ciccio Mira, perfetta maschera comica, organizza le serate dei cantanti neomelodici.

La parola mafia è meglio non pronunciarla, anzi conviene evitare l'argomento, fa capire Mira mentre, osannati dal popolino, Erik e Vittorio Ricciardi intonano «Vorrei conoscere Berlusconi». C'è anche uno spezzone d'intervista con Dell'Utri, interrotta quando ci si accorge che il microfono è (misteriosamente?) danneggiato. Pian piano la ricostruzione della contiguità si allarga alle confessioni dei pentiti (Gaspare Mutolo dietro una maschera) e ad altre situazioni di recente storia criminale.

Ma sebbene tutto sia realizzato col tono dissacrante di quella che potremmo definire una Iena più colta e sagace, e i denti, anziché digrignare, si aprano spesso alla risata, rimane l'incertezza se ci sia più materia per la critica cinematografica o per i tribunali e le querele per diffamazione.

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