Cultura e Spettacoli

Campiello, ancora una cinquina sofferta

Stefania Vitulli

Ieri a Palazzo Bo (Padova) ha trionfato, al primo turno della votazione della Giuria dei Letterati del Premio Campiello edizione 57, soltanto un titolo: Il gioco di Santa Oca di Laura Pariani (La nave di Teseo). Sofferta come ogni anno la sentenza dei «colti», presieduti da Carlo Nordio. La giuria ha votato, tra gli oltre 290 libri ammessi al concorso, per Paolo Colagrande, La vita dispari (Einaudi) e Giulio Cavalli, Carnaio (Fandango), al secondo turno. Un terzo giro per dare gli allori della cinquina a Francesco Pecoraro, Lo stradone (Ponte alle Grazie). Altre votazioni ancora per mettere in lista Madrigale senza suono di Andrea Tarabbia (Bollati Boringhieri). Creato e nutrito da Confindustria Veneto, il Campiello è «Punto di riferimento per chi vuole scrivere e per i valori della letteratura italiana». In questa direzione è andata la prolusione di Daniela Brogi, docente di letteratura italiana a Siena, sguardo d'insieme sull'annata letteraria italiana (apertura che nel 2018 fece scalpore con le perplessità del giurato Tomasin sugli scrittori italiani «cloni»).

Certezze della Brogi: uno, scrivere o pubblicare non significa saper scrivere; due, saper scrivere, anche correttamente, non significa essere uno scrittore; tre, essere scrittore può essere cosa diversa dal saper narrare. Liquidati quindi molti dei libri letti dalla Giuria come troppo incerti o troppo sicuri, di lingua ingenua o di frasi fatte, di semplicità o complessità troppo convenzionali o previsti per un uditorio troppo generico o troppo autoreferenziale («Libri mediocri», ha ribadito Luigi Matt). «Ma per fortuna c'è il Campiello», che ha potuto selezionare, parole sue: Tarabbia e Pariani, «tra lo storico tradizionale e il postmoderno»; Colagrande, concentrato sulla «solitudine dei bambini in balia di leggi e parole adulte e spesso malate»; Pecoraro sul «racconto delle tensioni dell'immaginario sociale nella periferia marginale romana»; Cavalli in «spazi di pescatori in storie che non spiegano ma mostrano destini feroci, tremendi, di migrazione». A Marco Lupo per Hamburg (Il Saggiatore) il premio Opera prima, a Isabella Bossi Fedrigotti il premio alla carriera. Novità il percorso di «gemellaggio» con San Patrignano.

Gran finale alla Fenice di Venezia, come da tradizione, il 14 settembre, condotto per Rai5 da Andrea Delogu.

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