Cultura e Spettacoli

Chronicle, superpoteri all’improvviso

Dal 9 Maggio, al cinema, la storia di ragazzi problematici alle prese con telecinesi e lato oscuro

Chronicle, superpoteri  all’improvviso

Esce finalmente anche in Italia Chronicle, del regista Josh Trank, la sorpresa della stagione cinematografica americana. Costato circa quindici milioni di dollari, ne ha incassati al momento nel mondo quasi dieci volte tanto.

E’ la storia di tre ragazzi che, dopo essersi imbattuti in maniera casuale in un misterioso minerale nascosto in un buco del terreno, entrano in possesso di poteri telecinetici. Sulle prime, vista l’età, ne fanno un uso goliardico. Ben presto però la situazione degenera perché il delirio d’onnipotenza del più fragile dei tre è in agguato.

Il cast è composto da semi-sconosciuti di talento tra cui spicca Dane DeHaan nei panni di Andrew, il ragazzo alle prese con una vita difficile, un adolescente tormentato e problematico la cui immaturità nel gestire un potere così grande è ciò attraverso cui il film distrugge l’archetipo di supereroe cui siamo abituati. A garantire l’immedesimazione da parte del pubblico è l’uso della macchina a mano, stile “Blair Witch Project”. A livello di storia ad usarla è proprio Andrew, per il quale è l’onnipresente filtro di difesa dallo squallore del quotidiano. Mano a mano che la storia si sviluppa, così come i poteri sovrannaturali dei protagonisti, il punto di vista della piccola telecamera diventa interessante e sempre più creativo e originale in quanto giustificabile col fatto che viene fatta fluttuare con il potere della mente dal suo proprietario. Nei 98 minuti la regia esterna di Trank si intreccia quindi a quella interna di Andrew in una danza davvero riuscita. Nonostante qualche ingenuità e sbavatura, è un’opera che resterà come la prima a coniugare il genere supereroi col realismo della tecnica scelta per il girato.

Le sequenze finali sono il punto forte, laddove gli effetti speciali, per quanto low-cost, riescono ad essere davvero spettacolari. E’ lì che la mente va a Carrie, il film di Brian De Palma del 1976, per la rabbia sfociata in distruttività sovrannaturale cieca quanto assoluta da parte dell’adolescente disadattato di turno.

Una pellicola senz’altro degna di nota, dato l’ottimo spunto, ma non memorabile come invece avrebbe potuto essere viste le premesse.

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