Cultura e Spettacoli

Clarkson: "Stavo sotto il palco. Ora dirigo tra i sistemi solari"

La regista, scelta per «Star Trek 4», e la produttrice Karlsen raccontano al «Mia» la lotta per fare lavori «da uomini»

Clarkson: "Stavo sotto il palco. Ora dirigo tra i sistemi solari"

da Roma

Ora si appresta a lavorare alla regia di Star Trek, il quarto capitolo della nuova saga degli esploratori spaziali dell'Enterprise. E, incredibilmente, non è un uomo, ma una donna, una delle pochissime a dirigere un blockbuster, e in aggiunta rivolto a un pubblico «maschile». Lei è S.J. Clarkson, al suo attivo ha serie notissime come Life on Mars, Dexter, Vynil, Jessica Jones ed era pure entrata in corsa per dirigere lo 007 numero 25. Ma per S.J. arrivare così in alto non è stato certo semplice. Anzi, è una dei pochi esempi di donne registe che sono riuscite a farsi largo in un sistema prettamente maschile. Proprio per questo è stata invitata a portare la sua testimonianza in un incontro che si è tenuto al Mia, il Mercato dell'audiovisivo che si è svolto nei giorni scorsi a Roma, dedicato al tema delle donne che faticano a entrare nella produzione di film e fiction. Una questione per niente di poco conto se si pensa che, nel decennio 2007/2017 su 1100 film presi in considerazione solo il 4 per cento era diretto da registe, il 10 per cento scritto da sceneggiatrici e il 20 per cento prodotto da donne. In Italia la percentuale scende molto di più. Motivo per cui il Mia ha deciso di dar voce a ReFrame, progetto americano di inclusione femminile in questo settore. La Clarkson per riuscire a entrarci ha dovuto combattere con la lama tra i denti. A soli 15 anni, rimanendo abbagliata a Londra dal musical Singing in the rain, decise che sarebbe stata lei «quella che faceva scendere la pioggia». Per avvicinarsi al teatro contattò il grande impresario Cameron Mackintosh: «Mi rispose che ero troppo piccola per entrare nelle maestranze, allora studiai e nel frattempo gli scrissi ogni sei mesi: alla fine mi prese perché aveva paura di quello che avrei fatto se non mi avesse assunta». Lei voleva fare il mastro carpentiere, ma si accorse ben presto che quel mondo era troppo maschile, così se ne andò negli Stati Uniti a lavorare nell'animazione, ma si scocciava all'idea di metterci due giorni per produrre un solo minuto, così tornò a Londra e grazie al corso di segretaria che la madre le aveva suggerito di fare, venne assunta alla BBC. Da lì, da segretaria di produzione, scalò tutti i gradini fino ad arrivare alla regia. E adesso può competere con registi come Quentin Tarantino, che sta pensando a un altro episodio della saga di Star Trek.

Lo stesso si può dire della collega Elizabeth Karlsen, produttrice indipendente pluripremiata di film importanti come Carol, La moglie del soldato (vincitore di un premio Oscar) e Youth del nostro Sorrentino. Ora sta lavorando a Colette con Keira Knightley protagonista. Anche lei, di famiglia che non aveva nulla a che fare con il cinema, ne ha però respirato tanto da ragazzina. La rivelazione che le ha fatto comprendere la sua strada nella vita è stata «vedere Elisabeth Taylor in Gran Premio travestita da fantino per poter partecipare alla corsa di cavalli, lì ho capito che anche le donne ce la potevano fare». Anche se devono usare qualche stratagemma. Ora, da produttrice indipendente con la sua Number 9 Films, aiuta altre colleghe ad emergere «perché una produzione che include il punto di vista femminile è molto più completa, interessante, intrigante e pure spendibile sul mercato di quelle tradizionali tipicamente maschili».

Senza dimenticare, comunque, che anche un uomo può dirigere o produrre un ben film al femminile.

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