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"Competizione e conoscenza": Hayek spiega gli equilibri tra libero mercato e sapere

Quanto vi è di maggiormente originale nel suo pensiero va forse ritrovato, però, nelle analisi che ha sviluppato in merito al problema della conoscenza e, in particolare, al rapporto tra ignoranza e libertà

"Competizione e conoscenza": Hayek spiega gli equilibri tra libero mercato e sapere

Sono molti i contributi che l'economista austriaco Friedrich von Hayek ha dato alle scienze sociali, alla filosofia del diritto, alla politica. Quanto vi è di maggiormente originale nel suo pensiero va forse ritrovato, però, nelle analisi che ha sviluppato in merito al problema della conoscenza e, in particolare, al rapporto tra ignoranza e libertà.

Grazie a Lorenzo Infantino, autore anche di una preziosa Prefazione, tutti i principali testi hayekiani sul tema sono stati ora riuniti in un volume (Competizione e conoscenza, Rubbettino, 14 euro): incluso il celebre saggio del 1945 sull'uso della conoscenza nella società, nel quale si affronta l'impossibilità di pianificare una società in assenza di tutte le conoscenze disperse, che nessun tecnocrate è in grado di raccogliere.

L'argomento di Hayek è tanto semplice quanto decisivo. Un politico che voglia gestire un'intera economia, secondo logiche variamente collettiviste o comunitariste, può disporre probabilmente dell'ausilio dei migliori scienziati ed esperti del Paese e, grazie a loro, può quindi avere sotto controllo conoscenze fondamentali di carattere generale. Ma come potrà assemblare quelle informazioni minuziose che invece sono a disposizione dei singoli e che all'interno del libero mercato ognuno gestisce come meglio può?

L'idea di fondo da cui muove la ricerca di Hayek è che esistono conoscenze disperse che possono essere utilizzate, nell'interesse di tutti, solo entro un ordine sociale altamente decentrato, che permetta a ognuno di farlo e trarne vantaggio. Solo il barista sotto casa, che ogni giorno e da anni gestisce quell'attività, sa grosso modo quante brioche è il caso di acquistare domani, nell'obiettivo di soddisfare tutti i clienti e non doverne buttare via a fine giornata.

Secondo Hayek di tutto ciò era già in qualche misura consapevole Adam Smith, che oltre a teorizzare la divisione del lavoro aveva sentore anche di una qualche divisione della conoscenza, come appare evidente in questo passo: «Nella propria condizione locale, ognuno può giudicare meglio di qualsiasi uomo di Stato o legislatore quale sia la specie d'industria interna che il suo capitale può impiegare». Ma se le cose stanno così, ogni volontà di amministrare vasti sistemi economici appare del tutto inconsapevole delle difficoltà da risolvere.

Nella visione dello studioso austriaco, le conoscenze sono allora di varia natura e gli uomini restano sempre, nonostante tutti i loro sforzi, strutturalmente ignoranti. Proprio per questo, però, è bene che sia lasciata ampia libertà a chiunque di utilizzare al meglio il proprio sapere, rigettando le angustie di ogni superbia razionalistica.

In questo senso, in Hayek c'è un nesso assai evidente tra la riflessione sulla conoscenza e il suo liberalismo, che è in primo luogo una messa in guardia dinanzi all'illusione che ci possa essere un'élite in grado di costruire un'organizzazione della società che annulli l'ordine spontaneo emergente dal basso. Questa maniera di affrontare il problema della conoscenza conduce pure a guardare al mercato con occhi nuovi. Esso non è infatti, un sistema perfetto in grado di risolvere ogni problema. Al contrario, è uno spazio di libertà necessario a permettere la concorrenza e, di conseguenza, quei procedimenti che ci aiutano sempre in maniera assai imprecisa a scoprire meglio il mondo e a rifuggire la presunzione del costruttivismo.

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