Cultura e Spettacoli

Conquista il Lelouch autobiografico

di Claude Lelouch con Johnny Halliday, Sandrine Bonnaire, Eddy Mitchell

Forse, era più appropriato titolare il film traducendo l'originale «Ti amiamo, bastardo», che questo, apparentemente, sdolcinato «Parliamo delle mie donne», poco idoneo per inquadrare il vero senso del film. Nella pellicola (la sua terz'ultima, del 2014) che Claude Lelouch ha impiegato due anni a scrivere, infatti, il genere femminile ne esce davvero male, comparsa intorno al maschilismo regnante del suo protagonista, Jacques Kaminsky (Johnny Hallyday, calato perfettamente nella parte), fotografo di fama che ha sempre trattato le donne della sua vita, fossero compagne o, peggio ancora, figlie, come un «usa e getta». Adesso, alla fine di una splendida e remunerativa carriera, l'artista ha deciso per un «buen retiro». Scopre una splendida casa, incastonata ai piedi del Monte Bianco, tra mucche e aquila che vigila (ma con tanto di piscina al coperto) e decide di acquistarla. La sua attuale quarta moglie non è della stessa idea, preferendo Parigi, e lui la molla, recapitandole un bigliettino e informandola del suo trasferimento definitivo. Non servono ulteriori spiegazioni. Anche perché Jacques si è già accasato con l'agente immobiliare Nathalie (Sandrine Bonnaire). Lo spettatore, intanto, scopre che da ogni precedente compagna il fotografo ha avuto una figlia, ognuna chiamata con il nome di una delle stagioni: Inverno, Estate, Autunno e quella Primavera che ha scritto un romanzo, citato più volte nella storia, dal titolo, appunto, «Ti amiamo bastardo» che rappresenta il comune sentire delle sue eredi. Il medico, suo miglior amico, Frédéric (Eddy Mitchell), allora, inventa una pietosa bugia per cercare di riavvicinare le ragazze al padre. E' un film che attraversa vari generi. Ci sono momenti caratteristici della commedia (i migliori), ma anche istantanee sentimentali e finale drammatico (il meno riuscito); in pratica, la cifra stilistica dell'ottantenne Lelouch. Che poi lo stesso autore si sia sposato quattro volte come il suo protagonista, con sette figli nati da cinque differenti compagne, fa sembrare il tutto molto autobiografico. I primi novanta, fluidi, minuti ti incollano allo schermo. Peccato per un epilogo deludente.

In ogni caso, un bel vedere.

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