Cultura e Spettacoli

Così Arvo Pärt da compositore diventa teologo

Walter Gatti

Q ualcosa si muove in Vaticano e provoca la musica classica contemporanea a ripensarsi in termini di sacralità. Merito di tutto è la consegna del Premio Ratzinger ad Arvo Pärt, musicista considerato il più grande compositore della nostra epoca. Il premio, che sarà consegnato sabato, è stato assegnato per il 2017 anche al teologo cattolico Karl-Heinz Menke e al filoso luterano Theodor Dieter, quasi a simboleggiare una radice unica che riunisce in modo inafferrabile queste forme del cristianesimo.

Andando ad affiancarsi ai nomi già premiati negli anni dalla Fondazione Ratzinger il nome dell'estone Arvo Pärt (1935) è quello di maggior portata simbolica. Nato nel 1935 nel nord dell'Estonia, Pärt ha iniziato a comporre immergendosi nella dodecafonia, studiando Webern e Shoenberg e omaggiando Luigi Nono. L'esordio con Nekrolog (1960), poi il Collage su BACH e le prime Sinfonie esprimono già in Pärt una radicale riflessione attorno alle forme sperimentali, fino alla sorprendente manifestazione del Credo (1968), partitura in cui serialità, tradizione ortodossa e influenza bachiana entrano a far parte di un sorprendente linguaggio sonoro, richiamando su di lui le attenzioni pericolose del potere sovietico e della sua censura (che lo costringeranno poi a scappare a Vienna nel 1980).

Dopo il '68 ecco il lungo silenzio di Arvo Pärt, un periodo di riflessività artistica e spirituale coincisa con la conversione all'ortodossia e con la riscoperta della figura di Cristo, «mio unico riferimento personale ed artistico». Da qui parte, sette anni dopo, la vita matura del Pärt compositore, imponente nella sua produzione sinfonica e corale, con il multiforme e commovente corpus di Fratres, il nuovo e ricchissimo minimalismo spirituale, le Sinfonie e l'insieme di opere religiose tra polifonia e monodia sviluppate su testi biblici (le Messe, lo Stabat Mater, il Magnificat, Miserere, Salve Regina, Passio Domini, Madre di Dio, il recente Lamento di Adamo). In lui si precisa poi la definizione sempre più cosciente del metodo tintinnabuli, neologismo artistico che si riferisce ad una capacità compositiva che coglie il continuum musicale nella risonanza delle campane e lo trasforma in riferimento stilistico espresso compiutamente in una delle sue opere massime, Tabula Rasa.

Tralasciando gli elementi storico-artistici della vicenda musicale di Arvo Pärt, c'è da osservare che con il Premio Ratzinger al compositore estone la Chiesa sembra dire: egregi compositori, guardate alla vicenda umana di Pärt, alla sua fioritura artistica dopo la conversione all'ortodossia. In pratica il compositore estone ricevendo il premio Ratzinger diviene un musicista a cui la teologia implicitamente attribuisce un ruolo; ciò significa che le sue partiture vengono considerate prodotti non solo d'arte musicale, ma anche di cultura teologale, capaci cioè di dire qualcosa sul Divino e sulla relazione dell'uomo con Dio.

Tutto questo contiene un duplice messaggio: invitare la musica classica contemporanea a riconfrontarsi con il messaggio cristiano ed allo stesso modo suggerire alla Chiesa di guardare alla musica classica contemporanea con rinnovata attenzione.

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