Cultura e Spettacoli

Delitto nell'Africa italiana che non c'è

Luca Ongaro immagina un'Eritrea che resta colonia e fa riflettere

Delitto nell'Africa italiana che non c'è

Un'altra storia tutta diversa. Una storia che comincia a cambiare durante la battaglia di Adua dell'1 marzo 1896. Nel nostro spazio tempo è stata la più umiliante sconfitta del colonialismo italiano. Un'onta tremenda che molto ha contribuito alle mire italiane sulla Libia prima e che, poi, molto ha foraggiato la retorica del fascismo - «abbiamo pazientato quarant'anni. Ora basta!» - che ha portato alla Guerra d'Etiopia del 1936. Guerra che ha gettato l'Italia isolata nel mortale abbraccio della Germania nazista. Nello spazio tempo del commissario Francesco Campani che, nel 1956, è di stanza a Macallé le cose hanno preso tutta un'altra piega. Ad Adua l'Italia ha faticosamente vinto la battaglia e poi tutto è cambiato. Il Tigrè è italiano dalla fine dell'Ottocento. L'Italia, con molto meno da rivendicare, ha deciso di restare neutrale durante la Prima guerra mondiale, il fascismo non è andato al potere. Anzi, negli anni Venti ci sono stati dei governi socialisteggianti a guida Giacomo Matteotti che hanno contribuito a dare un tocco meno aggressivo al colonialismo italiano.

Risultato? Nel 1956 c'è ancora la monarchia e in Eritrea la convivenza tra i numerosi coloni locali e gli indigeni è un dato di fatto. Ci sono treni che funzionano, grandi coltivazioni, un'economia che gira meglio di quella degli Stati africani circonvicini. Un paradiso? Per niente, ci sono tensioni etniche alimentate da potenze straniere. C'è un nuovo ministro delle Colonie, che si chiama Benito Mussolini: pensa che per risolvere tutto basti levare agli eritrei i diritti acquisiti. È c'è un teschio, con un foro in fronte, che viene portato dritto dritto sulla scrivania di Francesco Campani che italiano è italiano, però il caffè lo beve alla eritrea, parla il dialetto tigrino e vorrebbe che i politici di Roma smettessero di far danno nella colonia.

Quella che abbiamo descritto sin qui è l'ucronia con delitto inventata da Luca Ongaro in Un'altra storia (Sem, pagg. 234, euro 18) e ci racconta un rapporto tra Italia e Corno d'Africa che ha preso tutta una piega ben diversa.

L'esperimento è divertente e Ongaro che ha lavorato a lungo nella cooperazione internazionale ricostruisce un'Italia e un Tigrè paralleli ma credibili. In questi anni Cinquanta l'Eritrea non è andata, come il resto del Corno d'Africa, verso il disastro che tutti conosciamo. Però gli italiani d'Africa, come il commissario Campani, gli africani come l'ispettore Araya e chi arriva dalla madre patria devono tutti fare i conti con un passato scomodo.

Chi si è schierato dalla parte degli italiani ha fatto carriera, però oltre un certo livello non lo lasciano andare. Chi è arrivato in Eritrea, ai primi del Novecento, si è comportato come fosse nel West e ora non ama che la burocrazia ficchi il naso. Chi ha una divisa sa che alla fine tra bianchi e neri si usano due pesi e due misure e fatica a fare il contrario. E in tutta questa situazione, sull'orlo di scoppiare, ci penserà il teschio di una italiana, uccisa decenni prima con un colpo d'arma da fuoco in fronte a fare da miccia per la polveriera. Sarebbe fare un torto al potenziale lettore raccontare tutta l'indagine, che finisce per toccare i nervi scoperti dell'Eritrea italiana, dove certi latifondisti si sono mossi infischiandosene delle vite dei neri e anche di quei piccoli italiani, in divisa (e non) che a un certo punto si sono illusi che la legge fosse uguale per tutti. Basti dire che a divertire è soprattutto il contesto, dove c'è chi si sforza di compiacere un Mussolini, inciccionito e invecchiato, come politico di secondo rango. E dove il socialista Pertini può gridare alla necessità delle riforme contro il suo ex compagno di partito che non ha mai marciato su Roma.

Alla fine la morale del libro è, evidentemente e giustamente, quella che non esistono colonialismi buoni. Però sono esistiti colonialismi diversi e quello italiano ha avuto due anime. La sconfitta di Adua ha fatto prevalere quella portata avanti col gas e il fuoco.

Ongaro racconta il fantasma dell'altra come fosse cosa viva.

Commenti