Cultura e Spettacoli

La democrazia? Non è scontata..

Come difendere dai mali odierni la miglior forma di governo possibile

La democrazia? Non è scontata..

Di cosa vive la democrazia liberale? È la domanda posta da Dario Antiseri, Enzo di Nuoscio e Flavio Felice nel loro Democrazia avvelenata (Rubbettino). Risposta: vive di due fondamentali condizioni, che rimandano a valori diversi ma convergenti. La prima è la possibilità di un libero confronto fra tutti i suoi partecipanti, fondato su argomentazione razionale, capacità critica e autonomia di giudizio; la seconda è possibilità stessa di questa discussione, possibilità che trova la sua massima espressione umanistica nel valore universale del cristianesimo: Socrate non può vivere senza Gesù, Gesù vive politicamente attraverso Socrate, vale a dire il personalismo cristiano - e ciò che mutua dalla filosofia greca - dà la vera forza civile alla vita politica. Libertà, uguaglianza, giustizia, solidarietà, sia pure in modo imperfetto, hanno trovato nelle società liberaldemocratiche, rette sul principio cristiano della convivenza fra tutti gli esseri umani, il vero luogo di esistenza. Ciò è stato possibile solo in Occidente, il quale, al netto di tanti orrori politici e sociali, è il punto più alto finora conosciuto della civiltà umana.

Perché oggi la democrazia è avvelenata? Perché è sottoposta ad attacchi di varia natura scaturiti dalle molteplici incongruenze della modernità; un fuoco incrociato dovuto soprattutto a nuove forme dell'uso demagogico da parte di alcuni media diretti a manipolare l'opinione pubblica attraverso i social network, i quali ultimi in virtù della loro onnipervasività possono diffondere notizie false, esercitando un potere di persuasione su coloro che sono privi di capacità critica e perciò ricettivi alla iper-semplificazione scaturita dall'identificazione fra etica e politica: il mondo viene diviso in buoni e cattivi. I cittadini sono così ridotti a pubblico passivo e influenzabile.

Oltre al ricorrente conflitto fra poteri economici e istituzionali, e all'inadeguatezza di alcune forze politiche - specialmente di recente formazione - per affrontare i problemi in corso, si assiste quotidianamente a un confronto politico sempre meno attento alla realtà e sempre più orientato alla ricerca di un consenso immediato, seguito dall'annuncio irresponsabile di promesse risolutive che poi non sono mantenute. Di qui le continue frustrazioni per le aspettative disattese. A ciò vanno aggiunti i due fattori specifici prodotti dalla globalizzazione, l'immigrazione e il terrorismo, fattori che vengono percepiti da buona parte della popolazione come una complessiva resa dell'Occidente. Tutto questo alimenta un senso di incertezza e di precarietà.

A fronte di tutto ciò, gli autori, richiamandosi agli insegnamenti di Popper e Hayek, Mises e Röpke, oppongono una difesa filosofica, storica, sociologica della democrazia, concepita come «società aperta», dove la sua stessa esistenza non è considerata una realtà acquisita ma una conquista giornaliera: l'esito di una continua dialettica fra le forze in campo perché niente deve essere dato per scontato. Solo così sarà possibile elevare la qualità delle istituzioni democratiche, sottraendole al pericolo paventato da Gaetano Salvemini, secondo cui «in questo mondo possiamo scegliere solo tra purgatorio e inferno. La democrazia è il purgatorio.

Ma la dittatura e l'inferno».

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