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Django, il western rivoluzionario arriva su Sky

Django è il titolo della nuova serie targata Sky che eredita gli stilemi dello spaghetti western di Corbucci per portarli nel ventunesimo secolo

Django, il western rivoluzionario arriva su Sky

Era il 1966 quando il regista Sergio Corbucci portò sul grande schermo Django, epopea western che non solo ebbe il merito di rendere iconico l'omonimo personaggio interpretato da Franco Nero, ma finì col diventare un emblema del cinema western e di quel genere detto spaghetti western che avrebbe finito con l'influenzare il cinema internazionale. Un genere che ha poi trovato in Quentin Tarantino un grande estimatore: non sorprende dunque che il regista statunitense abbia dedicato proprio a Django una sua rilettura, Django Unchained. Tuttavia l'eredità di Sergio Corbucci, che a metà degli anni '60 aveva firmato uno dei film più violenti mai realizzati fino a quel momento, continua a vivere e si trova ora al centro della serie tv Django, co-diretta da Francesca Comencini e in arrivo prossimamente su Sky e Now Tv.

La nuova epopea firmata Sky è una co-produzione italiana con Francia, Inghilterra e Germania che punta a raccogliere l'eredità del film di Corbucci, trascinandola però nel nuovo millennio. Questo significa che nel vedere gli episodi della serie televisiva non ci si deve aspettare una trasposizione pedissequa di quanto si era visto già negli anni '60. La storia portata sul grande schermo da Corbucci diventa, in questo caso, una traccia da seguire, uno spunto per dipingere coi colori del western una società attuale sempre più meschina e corrotta.

Django, di cosa parla la serie?

Scritta da Maddalena Ravagli e Michele Pellegrini, la serie Django è ambientata nella fantasiosa città di New Babylon, una cittadina povera distesa sul fondo di un cratere, dove l'unica legge che vige è l'uguaglianza. All'alba della Guerra di Secessione, New Babylon è un luogo dove gli uomini e le donne sono liberi e dove il colore della pelle non conta. A guidare questo centro c'è John Ellis (Nicholas Pinnok), un ex schiavo con dei valori molto profondi che spera di portare New Babylon alla prosperità. Ad aiutarlo in questa missione c'è la donna che ama, la giovane Sarah (Lisa Vicari), che sta per diventare sua moglie, a dispetto del disprezzo di uno dei figli che l'uomo ha avuto dal precedente matrimonio.

Un giorno a New Babylon arriva uno straniero che attira l'attenzione per le sue capacità di lottatore. Django (Matthias Schoenaerts) è un uomo che parla poco e che non ha intenzione di stringere legami. Il suo arrivo in città, infatti, è legato al suo desiderio di incontrare di nuovo la figlia che credeva perduta e che non è altri che la stessa Sarah. Intanto, nella città vicina, Lady Elizabeth (Noomi Rapace) guida la sua comunità con un forte fanatismo religioso che sfocia spesso nella violenza più inaudita. Sarà proprio Django a sancire il punto di svolta nella rivalità che intercorre non solo tra le due città, ma soprattutto tra i due leader.

Un western di silenzi e rivoluzioni

Il western è un genere che ha sempre vissuto per stilemi e dogmi difficili da abbattere. Proprio perché è un genere iconico e riconoscibile, il western si è sempre adagiato su alcuni topoi che ne hanno sancito il successo. Gli sceneggiatori della serie di Django hanno tuttavia avuto la brillante idea di prendere questi stilemi del genere, riutilizzandoli e rinnovandoli al tempo stesso. Il personaggio di Django - interpretato magistralmente dall'ormai confermata star belga Matthias Schoenaerts - risponde proprio a questa dicotomia. Coi suoi occhi blu e i suoi silenzi che si allungano sullo schermo, Django è l'antieroe canonico del western. Un uomo che la vita ha indurito ma non spezzato, che si sposta di città in città come una promessa di sventura e vendetta. In questo caso, però, al personaggio viene data anche una duplice valenza. Da una parte si scopre che il suo passato non è così eroico o onorevole come invece avviene spesso nei western canonici; dall'altra, però, allo spettatore viene presentato un uomo distrutto, profondamente umano, che non si muove più (solo) per vendetta, ma che è mosso da un sentimento più alto e puro. L'arco evolutivo del personaggio di Django è un tipo di narrazione che non è più interessato a raccontare l'ascesa di qualcuno destinato a diventare leggenda. Al contrario vuole riconsegnare una dimensione umana a un uomo devastato dalle sue scelte e dai suoi errori.

La rivoluzione maggiore rispetto al genere western, però, è la scelta di affidare il ruolo di antagonista a una donna. Il western, per sua natura, è un genere formentente votato alla virilità e all'idea di mascolinità. Si tratta di un genere dove l'uomo è sempre al centro della storia, in ogni sua sfumatura. Francesca Comencini e l'intero cast tecnico di Django, invece, annullano questo dogma e incoronano il personaggio di Elizabeth come uno dei migliori villain visti sul piccolo schermo negli ultimi anni. Elizabeth è una donna dura, crudele, che nasconde dietro il fanatismo un'anima forgiata nelle tenebre, che vede gli errori solo negli altri e mai in se stessa. Fredda e calcolatrice, è una leader che manda avanti un'intera città di cui è diventata il simbolo e la guida. Anche lei con un passato tutto da scoprire, Elizabeth diventa il segno di una vera e propria rivoluzione che avviene sullo schermo quanto al di fuori dello stesso. Noomi Rapace è abilissima nell'interpretare questa antagonista senza scrupoli, rendendola così credibile che è facile odiarla, ma allo stesso tempo rimanere in qualche modo sedotti dalla sua malvagità.

In effetti la vera forza della serie tv Django è da ricercarsi proprio nei personaggi e nella costruzione delle relazioni che intercorrono tra di loro. Relazioni spesso tossiche, a tratti abusive, che derivano dalla difficoltà di vivere in un mondo sempre più corrotto e meschino, dove a farla da padrone sono le bugie che i potenti dicono per ottenere ogni tipo di sudditanza. Uno scenario che di certo non si allontana molto da quello che accade nella realtà e che coopera a rendere Django una serie molto attuale che, pur discostandosi dal materiale originale, offre senza dubbio numerosi spunti di riflessione. Va detto che è una serie in crescendo, che inizia con una lentezza adrenalinica che pian piano si trasforma in azione.

Una serie, quindi, che si prende i suoi tempi per raccontare la sua storia, con una giusta alternanza di violenza e scene struggenti.

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