Cultura e Spettacoli

Dramma, incubi e stile Il "Papa giovane" di Law e Sorrentino

Ieri a Roma la prima della serie, che narra le vicende del primo Pontefice americano

Dramma, incubi e stile Il "Papa giovane" di Law e Sorrentino

I «marchi» italiani d'impatto internazionale, mafia e Vaticano, hanno reso visibili nel mondo certe nostre miniserie, come insegnano Romanzo criminale e Gomorra. Così funziona l'idea di Paolo Sorrentino, regista premio Oscar 2014 per La grande bellezza, che applicando il proprio inconfondibile tocco di smalto alle sacre stanze vaticane, ora fa bingo con The Young Pope, storia tesa di potere, papato e prelati altissimi. La «sfida vaticana» proseguirà poi in dicembre con Francesco, il Papa della gente, la serie di Daniele Luchetti che andrà in onda, in due serate, su Canale 5 e racconterà la vita di Papa Bergoglio in occasione del suo ottantesimo compleanno.

La serie televisiva di Sorrentino, in dieci episodi in anteprima su Sky Atlantic (dal 21 ottobre, alle 21.15), è una produzione al 20 per cento italiana e straniera all'80 per cento: tra Sky, Hbo, Canal+ e Wildside, insomma, sono volati 40 milioni di euro, spalmandosi in una formula dall'inedito gusto europeo. E volano pure le vendite in 120 paesi, di questa «House of Cardinals» all'ombra del Cupolone, volendo ribattezzare un'altra celebre serie Hbo basata su Potere e Comando. «Ho visto e apprezzato molto House of Cards, come altre serie tv Usa», ammette Sorrentino. Temi attraenti, quelli legati al Potere, per il premier Renzi e la ministra Boschi, ieri accorsi sul tappeto rosso, alla prima romana, insieme ad altre celebrità.

«Mentre parliamo, aumentano le vendite», gongola l'autore napoletano classe 1970, alla sua prima serie televisiva da lui stesso creata, con un cast che include, oltre al protagonista Jude Law, nel ruolo del Papa americano Lenny Belardo, il premio Oscar Diane Keaton, ovvero Sister Mary, colei che ha cresciuto il piccolo Lenny, orfano di genitori hippy e Silvio Orlando, qui l'ambiguo cardinal Voiello, che vorrebbe manovrare il Papa, ma non ci riesce. Nei due primi episodi mostrati ieri, l'esuberanza cinematografica di Sorrentino si traduce, già nella prima scena, in un tappeto di gommosi bambini morti, in quel di Venezia, da sotto il quale fuoriesce Pio XIII. Si tratta di un incubo, uno dei tanti che affliggono il 47enne Pontefice, il primo americano eletto con i magheggi del cardinal Voiello, al posto del cardinale Spencer (James Cromwell). E un mezzo incubo, per il britannico Jude Law, che con la sua faccia da schiaffi è perfettamente calato nella parte di un uomo controverso «Sono come Dio: uno e trino. E come Maria: vergine e madre», dice di sé il Pontefice -, è stato affrontare il ruolo. «La mia prima missione è stata quella di capire e studiare la storia del Vaticano e gli effetti che hanno avuto i Papi nella storia della Chiesa. La prima sensazione? Panico, perché non capivo che tipo di Papa dovessi raccontare. Poi mi sono affidato alla regia di Paolo, per costruire un uomo che fosse credibile», spiega Jude, chioma scolpita alla mohicana e completo grigio elegante. E convince la sua ieratica gestualità, quando apre le braccia, rovesciando il capo all'indietro, o congeda con contenuto disprezzo l'interlocutore molesto. Il tutto, mentre fuma una sigaretta via l'altra; indossa infradito bianche Louboutin e beve Coca Cola al gusto di ciliegia: è il lato pop del giovane Papa, nonché il brand sorrentiniano «Se c'è un tocco alla Sorrentino? Voglio stilizzare la realtà», dice il regista, che trasforma in soap-opera il dramma di Santa Romana Chiesa, magistralmente fotografato da Luca Bigazzi. «Entrando nell'abito del Papa ho adottato gesti specifici: tutto è coordinato dalla veste bianca, in senso letterale. Ora so perché i Pontefici tengono le mani conserte: è che non sai dove metterle, le mani, quando indossi il vestito da Papa. Così ho puntato sull'essenzialità dei gesti. Mi sono fatto minimalista, per esprimere maggior potere. E il bello è che, anche adesso, continuo a muovermi così», scandisce Law, in fase di rilancio dopo ruoli dimenticabili.

Certo è che questo Pio XIII rockstar, tra suore baffute (come, in effetti, se ne vedono a Roma) e monsignori ai quali dolgono i capelli, quasi fossero in un film di Antonioni, è agli antipodi di Papa Francesco. «Dopo un capo della Chiesa così legato al felice rapporto con le folle, ho immaginato un alter ego totalmente diverso da lui. Un uomo legato alla tradizione e ai riti ancestrali della Chiesa cattolica. Un Papa che chiudesse e allontanasse gli empi dalla Chiesa. Un Papa che rimproverasse i fedeli, richiamandoli a un sacrificio assoluto, a un fideismo di stampo oscurantista. Ma, in realtà, non ci sono provocazioni. Si capirà meglio, se il Vaticano avrà la pazienza di guardare tutti gli episodi. Del resto, avevo 25 anni quando ho cominciato a pensare a un film sul Vaticano: il mondo delle serie tv ancora non esisteva», chiarisce Sorrentino, già al lavoro sulla seconda stagione della serie, «dove spero di trovare nuove svolte». Intanto, l'annunciato film su Silvio Berlusconi a che punto è? «Faccio una cosa alla volta e, appena avrò finito di girare la seconda serie, aprirò il taccuino, come dice Crozza, per vedere quale film voglio girare. Tra l'altro, trovo molto divertente l'imitazione che di me fa il comico», rivela il regista, che è andato a scuola dai preti.

Imparando come «la domanda da porsi è che non si riesce a fare a meno di Dio».

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