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Ecco il Dylan inedito Ma a cantare i brani sarà un supergruppo

L'artista tira fuori dal cassetto quaranta testi leggendari mai incisi e li regala agli amici. Lui intanto si mette a fare il fabbro

Ecco il Dylan inedito Ma a cantare i brani  sarà un supergruppo

«I suoi brani, oggi come ieri, volano non si sa dove, incontrano chissà chi ma continuano a cambiare la gente, e nessuno conosce il segreto di ciò». Questa frase, detta al Giornale dal suo biografo Greil Marcus , descrive al meglio Bob Dylan e la sua opera ultra-cinquantennale. Un'opera epica che cambia sempre per non cambiare mai e parte quando, agli albori degli anni '60, butta il giubbotto da rocker, acquista una giacca di tweed all'Esercito della salvezza e comincia a cantare il blues nei folk club del Greenwich Village. Ha vissuto mille «periodi» la carriera di Dylan, e uno dei più affascinanti è quello dei cosiddetti Basement Tapes . Nell'estate del 1967, chiuso in una casa di West Saugerties, a pochi passi da Woodstock (soprannominata Big Pink) insieme a Robbie Robertson e The Band (i gloriosi Levon Helm, Rick Danko, Richard Manuel e Garth Hudson) incise, nel sotterraneo adibito a studio di registrazione, oltre cento canzoni tra traditional blues, folk, country e brani originali. Nel 1975 fu poi pubblicato ufficialmente The Basement Tapes, uno dei dischi più importanti di Dylan, che contiene solo 24 pezzi tra cui Crash On the Levee (Down In the Flood) , Tears of Rage, Nothing Was Delivered (poi incisa in versione country dai Byrds). Molte delle ballate rimaste inedite sono poi uscite su bootleg come The Great White Wonder e soprattutto sul box A Tree With Roots.

Ora Dylan ha deciso di regalare quaranta testi non musicati, usciti da quelle session, al genio del produttore e chitarrista T Bone Burnett (già responsabile di mille progetti diversi come la recente opera teatrale che vede impegnati Stephen King e John Mellencamp) che li ha arrangiati, ricostruiti e trasformati in canzoni insieme con un supergruppo folk formato da Elvis Costello, Marcus Mumford che coi Mumford e Sons ha portato al grosso successo commerciale la nuova musica acustica, Jim James dei My Morning Jacket, Rhiannon Giddens dei Carolina Chocolate Drop (band che torna alle origini della musica popolare) e Taylor Goldsmith dei Dawes. È nato così il primo disco (dei due previsti) di Lost On the River: The New Basement Tapes, nuova celebrazione dell'epopea dylaniana. Per mantenere fede al progetto originale, l'album è stato registrato dal vivo negli scantinati ( «the basement») del palazzo della Capitol Records a Los Angeles e nel brano Kansas City alla chitarra c'è persino Johnny Depp, ormai prezzemolino in tutti i dischi rock che contano. Il primo album uscirà il 10 novembre ed è stato anticipato in questi giorni dall'uscita del video di Nothing to It, dove si vede la grafia di Dylan animarsi sulle note della canzone. Parlando delle session T Bone Burnett ha dichiarato: «Rischiavamo di trovarci con versioni multiple delle canzoni e trasformare il progetto in una competizione, ma in studio c'era un pozzo profondo di generosità, qualcosa che rifletteva la straordinaria fiducia e generosità mostrata da Bob nel condividere con noi questi testi».

Perché Dylan non abbia voluto farne un disco suo non è dato sapere; forse punta a scrivere nuovi brani che, come quelli di Modern Times (1997) o Together Through Life (2009) lo portino rispettivamente a vincere due Grammy o a conquistare il primo posto nelle classifiche. O forse perché oggi ha altri e molteplici interessi; il suo «neverending tour» lo tiene impegnato tutto l'anno a destrutturare ogni volta i suoi classici in una chiave che va «oltre», per cui i parametri del critico musicale non bastano più a decifrare il mistero indeclinabile della sua opera... Oppure fa il dj o dipinge i suoi quadri ormai in mostra un po' ovunque. Oppure ancora si dedica alla sua ultima passione (sempre da artigiano), quella di costruire cancelli in ferro battuto (per cui pare abbia pure rischiato di rovinarsi le mani e non poter più strimpellare la chitarra). Il suo manager Jeff Rosen racconta che Dylan «è maniacale nel prendere iniziative straordinarie per tutelare la sua immagine, che così cresce continuamente di valore».

Senza però dimenticare, come disse Fernanda Pivano: «Che aiutò Allen Ginsberg a togliere la poesia dalle Accademie e, come un Omero del XX secolo, la restituì alle masse con l'aiuto dei juke box».

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