Cultura e Spettacoli

Ecco l'algoritmo per il bestseller (quasi) perfetto

La formula prevede il successo di un libro. Ma solo nell'80% dei casi...

Ecco l'algoritmo per il bestseller (quasi) perfetto

È un po' la pietra filosofale dell'editoria. Una formula, magica a modo suo, per prevedere il successo di un libro. La ricetta del bestseller, a lungo cercata, invocata, sbertucciata: spesso la sua stessa possibilità è stata negata, altre volte, come nel Medioevo per l'esistenza di Dio, ne sono state portate le prove, un teologo via l'altro, un «esperto» via l'altro. Ora Matthew Jockers e Jodie Archer dicono di avercela fatta: l'hanno trovata. La regola c'è, ed è matematica: un algoritmo, perché l'alchimia oggi è scienza, informatica, computer, big data. Applicazione della macchina alla fantasia: computer che imparano a leggere i libri e a carpirne i dettagli e, poi, a classificare quei dettagli a seconda dell'argomento, dello stile, degli aggettivi e dei verbi usati, della trama, della composizione delle parti, delle tipologie di personaggi, perfino della punteggiatura. Insomma lui, il computer, arriverebbe - sostengono Jockers e Archer - là dove l'occhio del lettore (umano) non potrebbe mai. Analizza come nessuno, neanche il più appassionato. E poi, dopo avere sminuzzato i dati, li ricombina e li frulla e alla fine, ingrediente dopo ingrediente, eccola qua, la pietra filosofale del successo in libreria: il «bestseller-o-meter», cioè il «bestsellerometro», misuratore della scalata alle classifiche.

Tutto questo, Jockers e Archer lo raccontano in un libro, The Bestseller Code, che esce oggi (St Martins Press) e nel titolo richiama Il codice Da Vinci (The Da Vinci Code, in inglese): perché la prima idea di indagare i misteri del genere Jodie Archer l'ha avuta quando ancora lavorava alla Penguin, all'epoca del grande successo del libro di Dan Brown. Bistrattato dalla critica, amato dal pubblico. E allora: perché? Come succede? Questo, di nuovo, Archer se lo è chiesta durante il dottorato, e Jockers (che è docente di Inglese all'Università di Lincoln in Nebraska) era il suo insegnante. «Jodie - ha detto Jockers al Wall Street Journal - pensava di avere individuato dei tratti comuni nei bestseller, semplicemente leggendone molti; e che ci fosse qualcosa di indipendente dal genere». È così che l'idea iniziale si è trasformata in una macchina, anche se la Archer era diffidente, all'inizio, che una macchina potesse comprendere la letteratura, ma Jockers, che è un esperto di analisi computazionale dei testi e ha anche fondato lo Stanford Literary Lab, l'ha convinta: i big data sono la chiave (non è l'unico a pensarla così, anzi).

Per cinque anni, i loro computer hanno letto e scandagliato oltre ventimila libri, romanzi di successo e non, hanno individuato circa 2800 caratteristiche da considerare quando si considera un romanzo, e poi hanno decretato che cosa deve stare con che cos'altro, come e quanto. La formula, sostengono i due algo-alchimisti, funziona nell'ottanta per cento dei casi. Circa il quindici per cento delle volte, la macchina è un po' «confusa», e non azzecca (può succedere, non solo alle macchine...). Alla fine, l'argomento «da bestseller» per eccellenza è la «vicinanza umana», insomma l'empatia, le relazioni fra persone. È per questo, dice l'algoritmo, che Cinquanta sfumature di grigio ha venduto così tanti milioni di copie: non per il sesso, che non è un argomento di successo (è di nicchia, dicono...), ma per il fatto che, in realtà, gran parte del romanzo riguardi una relazione umana. E va bene, l'algoritmo, coi big data e tutto il resto, capirà meglio dell'occhio del lettore, ingenuo e superficiale, quindi bisogna fidarsi. Dice, sempre l'algoritmo, che più che il genere conta l'argomento, appunto, e che più questo è ancorato alla realtà, più sarà coinvolgente: quindi, per esempio, matrimoni, amore, crimini vari e perfino il lavoro sono molto appetibili. Se poi ne si combina un paio, col ritmo e l'ordine giusto, il successo è quasi automatico: si vedano i casi di Danielle Steel e John Grisham, o gli accoppiamenti del genere amore e vampiri, o bambini e crimini. Poi, i verbi non vanno usati a caso (come dovrebbero insegnare anche le maestre a scuola): nei bestseller i più utilizzati sono «avere bisogno di», «fare», «volere», «amare», «sentire la mancanza»; e poi il vocabolo «okay» (sono parole comuni? più comuni di ornitorinco e idiosincratico? esisterà un bestseller con protagonista un otorinolaringoiatra?). Siccome al pubblico piacciono i personaggi «reali» (non gli elfi, non i nani, non quelle creature di fantasia che hanno venduto milioni di copie, ma lo dice sempre l'algoritmo, che non giudica: analizza), bisogna ricorrere a verbi concreti, come «afferrare», «pensare», «chiedere». Conta poi l'incipit: venti parole in cui condensare tutta la forza del romanzo.

Il risultato - e l'algoritmo non va preso in giro, per questo - è che il romanzo che ottiene il cento per cento sul «bestsellerometro» è The Circle (Il cerchio) di Dave Eggers. Se vi state chiedendo: quale Cerchio?, è perché, in effetti, questo libro di Eggers non è stato proprio un bestseller, anzi. È stato un mezzo flop. Gli stessi autori hanno raccontato a The Bookseller di avere scommesso, durante le ricerche, su vari nomi, da Lee Child a Nora Roberts a John Grisham, da Nicolas Sparks a Emma Donoghue (Room). Invece ha vinto un romanzo che racconta di una eroina che lavora per un mostro tecnologico che analizza e ingloba qualunque dato sulla nostra vita, e la cui stessa efficienza è controllata e misurata con un punteggio in percentuale. Che l'algoritmo si sia - come dire - immedesimato? Ma no, dicono che la formula non conosca gli autori (è democratica...) e, anzi, uno dei suoi pregi sarebbe proprio la possibilità, per le case editrici, di investire anche su nomi sconosciuti, nel caso ottengano un punteggio alto.

Certo, magari non alto come quello di The Circle, altrimenti sai che successo.

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