Cultura e Spettacoli

Economie globali e poteri locali: la ricetta liberale

Carlo Lottieri

G iunto quest'anno alla terza edizione, il «Festival della cultura della libertà» organizzato a Piacenza da Confedilizia nei giorni di oggi e domani si propone di accedere i fari sul rapporto tra la libertà dei singoli e l'autonomia delle comunità. Il che, ovviamente, significa richiamare l'attenzione su questioni «calde»: il conflitto tra europeisti e sovranisti, la rivendicazione delle autonomie, la crisi del rapporto tra diritto e territorio, le crescenti difficoltà che va conoscendo la globalizzazione. Parlare di città e regioni, di Europa e nazioni, obbliga insomma i liberali a interrogarsi sul rapporto degli uomini con i luoghi in cui vivono. Per questo motivo uno spazio particolare sarà riservato all'intervento di Stefano Moroni, un raro esempio di urbanista liberale: uno studioso che da anni evidenzia come il controllo che la politica esercita sul territorio (grazie alla pianificazione urbanistica) consegni l'intera società nelle mani di quanti dispongono del potere.

Oltre a ciò, per quanti hanno una qualche confidenza con la società americana o con quella elvetica è chiaro che la localizzazione delle decisioni, l'ordine federale e la concorrenza tra giurisdizioni siano strumenti fondamentali per la difesa della società. Uno dei padri fondatori degli Usa, Thomas Jefferson, aveva ben chiaro che ogni unificazione delle ex colonie avrebbe comportato uno snaturamento dell'ordine politico: in qualche modo, si sarebbe tradito lo spirito che aveva portato i coloni a rifiutare il dominio inglese. Per questo a Piacenza si parlerà molto del mosaico italiano: di una Questione meridionale sempre viva e in cerca di risposte, di un Veneto ogni giorno più desideroso di autonomia, di due città così cruciali quali sono Milano e Roma, di quella stessa unificazione politica generata dal Romanticismo ottocentesco e che oggi dopo un secolo e mezzo continua a suscitare perplessità e generare tensioni.

Se i principali dibattiti pubblici odierni contrappongono quanti vogliono poteri sovranazionali (i fautori della Ue a qualsiasi costo, ad esempio) e coloro che, all'opposto, credono invece necessario riaffermare le patrie statali e tendenzialmente autarchiche ereditate dal diciannovesimo secolo, a Piacenza vi sarà chi sottolineerà l'opportunità di difendere la globalizzazione economica e, al tempo stesso, la localizzazione delle decisioni politiche. Invece che cercare «poteri globali e mercati locali», i liberali dovrebbero allora dirigersi verso una prospettiva di «poteri locali e mercati globali».

Piaccia o meno, la nuova politica dei Trump, della Brexit, dei Salvini e dei giubbotti gialli ci ha portato entro un quadro storico del tutto nuovo. Quelli che un tempo erano tabù oggi sono temi che si possono e si devono dibattere, così che il declino del politicamente corretto investe non solo e non tanto le formule linguistiche della nostra vita sociale, ma fa sì che diventi oggetto di possibili e motivate contestazioni ogni dogma istituzionale ereditato dal passato.

Le stesse costituzioni, alla fine, tornano ad essere semplici pezzi di carta.

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