Cultura e Spettacoli

Essere Spike Jonze "Ecco il mio universo esplosivo e bizzarro"

L'artista americano racconta il nuovo film Her, atteso al festival di Roma e in corsa per l'Oscar

Essere Spike Jonze "Ecco il mio universo esplosivo e bizzarro"

Completo nero, camicia bianca, scarpe da ginnastica bianche, in perfetta sintonia cromatica con la Vespa (bianca, casco nero), con cui l'ho visto arrivare nell'ufficio sulla collina di Hollywood per quest'intervista esclusiva con Ciak. Ma non è solo look: Spike Jonze, 44 anni compiuti a ottobre, ex campione e fotografo di skateboard, è oggi un filmmaker di culto che si divide fra video, commercial, performance d'arte, film. Si è perfino inventato vari alias, e il primo è proprio Spike Jonze (all'anagrafe è Adam Spiegel).

Il suo ultimo film, Her, presentato in prima mondiale al Festival di New York (dove nel 1999 Jonze esordì con Essere John Malkovich, tre nomination all'Oscar compresa quella da regista), e ora in concorso a Roma, è appena il quarto titolo di una carriera racchiusa nel mantra: «Aspettatevi l'inaspettato». Alla prima inevitabile domanda («Ma lei che rapporto ha con la tecnologia?»), Spike risponde in maniera pratica, come in un film muto, svuotandosi le tasche alla Eta Beta: Blackberry, iPhone, perfino un mini iPad. «Eppure non è la tecnologia il punto centrale di Her, ma le relazioni umane. Possibilità e impossibilità, capacità e negazione, voglie, paure».

È la sua prima sceneggiatura in solitario, il proverbiale passaggio da regista ad autore.

«L'idea è nata una decina di anni fa dal link di un sito che prometteva messaggi istantanei con un'intelligenza artificiale. Sembrava una normale chatline (“Ehi, come stai?”, “E tu come stai ?”), finché non sono saltati fuori gli insulti: “Non essere odioso”,

“Non fare l'insolente”. Allora ho capito che il programma ripeteva frasi fatte, ma per venti secondi ho avuto l'illusione che interloquisse con me. Un'esperienza buffa, ma non certo un film, finita nel cassetto virtuale delle idee casuali. Se ne ho, quando non sono al computer mi spedisco una mail: che soddisfazione ricevere dritte da me stesso».

Ha ripescato l'idea cinque anni fa, mentre montava Nel paese delle creature selvagge...

«Non mi sentivo pronto a cominciare niente di impegnativo, e come sempre ero a caccia di piccole cose veloci. È stato in quel periodo che ho messo a punto il corto I'm Here sulla storia d'amore di un robot, il corto We Were Once a Fairytale con Kanye West, e il corto animato in stop motion, Mourir auprès de toi».

In sei mesi Her è diventata una sceneggiatura aumentando i personaggi intorno al volto di Thedore e alla voce di Samantha: l'ex moglie Catherine, la confidente Amy. Ha trovato subito il produttore, l'emergentissima Megan Ellison della Annapurna (appena 27 anni!), e il protagonista, Joaquin Phoenix, che dieci anni fa aveva rifiutato in malo modo la parte dei due gemelli di Il ladro di orchidee andata poi a Nicolas Cage.

«Non solo Joaquin si è fatto crescere i baffi ma ha anche dato un grosso contributo a migliorare la storia. È riduttivo definirlo attore, è un vero e proprio filmmaker».

Poi è arrivato in aiuto Soderbergh che in un weekend si è offerto di ridurre il film da 150 minuti a 90.

«Anche se dura ancora 120 minuti, il suo intervento è stato decisivo perché ho trovato il coraggio di tagliare scene cui tenevo, ma che rallentavano il ritmo».

L'accoglienza al Festival di New York è stata entusiasta e Her è già tra i favoriti all'Oscar. A proposito, ben tre attori dei suoi film hanno avuto nomination (Meryl Streep e Nicolas Cage per Il ladro di orchidee e Catherine Keener per Essere John Malkovich) e uno l'ha addirittura vinto, Chris Cooper sempre per Il ladro di orchidee. Qual è la sua magia?

«Scegliere i più bravi attori del mondo. Ma si rende conto del cast di Her? Joaquin & Scarlet, ma anche Rooney Mara e Amy Adams! Sono già fortunato che non mi abbiano fatto licenziare».

Ma come si conciliano i suoi film raffinati e intellettuali col fatto che lei è anche creatore, scrittore e produttore della coattissima serie Jackass, di cui sta uscendo in questi giorni Jackass - Nonno cattivo?

(Ride) «Sono molto affezionato a Jackass perché è stata una esperienza rivoluzionaria: 22 minuti su Mtv senza nessun tipo di controllo e censura. Concetto poi trasferito al cinema, per film viscerali, senza apparente narrativa; sono happening: è come andare a un concerto. Io faccio parte della prima generazione di registi cresciuta con in mano la videocamera. Mai vista una scuola di cinema.

Non abbiamo chiesto il permesso».

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