Cultura e Spettacoli

"Per farsi sentire, a volte si deve gridare. Ma oggi mi sento più altruista"

Il nuovo singolo del cantante "I Bei Momenti" anticipa una trilogia: "Sono maturato"

"Per farsi sentire, a volte si deve gridare. Ma oggi mi sento più altruista"

Criticato, amato, discusso. Gianluca Grignani è uno dei principali esponenti dell'inquietudine generazionale degli anni Novanta. Un rocker che non ama paletti né definizioni. Negli ultimi anni il suo talento si è scontrato con le sue debolezze, che in questa intervista spiega e diluisce, pronto a una nuova pelle e a nuove sperimentazioni artistiche e personali. È appena uscito il suo quarto singolo I Bei Momenti (Falco a metà/Sony Music Italy). «Parla con ironia delle fatiche che tutti noi abbiamo vissuto durante la pandemia. Un racconto personale per esorcizzare la solitudine». Il primo volume, in uscita a fine anno, fa parte della trilogia Verde Smeraldo, ricca di inediti maturati negli ultimi anni. Un periodo che per Grignani è stata una gestazione personale in cui trovare nuovi intenti e nuovi orizzonti.

A sette anni dal suo ultimo album di inediti torna con un singolo, che precede un album. Cosa rappresenta la musica per lei?

«Cultura, quando è fatta con coerenza. Una forma d'arte moderna. La mia musica oggi è meno figlia delle esigenze del mercato rispetto a un tempo. Sono sempre stato così, più le maglie del mercato si stringono, più le mie esigenze di espressione tendono ad allargarsi. Il mio atteggiamento, a volte non giusto, è sempre stato una sorta di guerra contro questa guerra».

A proposito, l'abbiamo vista combattere pubblicamente momenti bui negli ultimi anni.

«Non li ho vissuti in maniera buia, in fondo mi sono serviti. Nella testa della gente c'erano due pensieri, il racconto che i media facevano di me e quello che passava dalle mie canzoni. A volte bisogna gridare per farsi sentire. Magari i miei atteggiamenti parlavano solo di un'esigenza, quella di farmi capire».

Com'è cambiato rispetto all'esplosione di successo degli anni Novanta?

«Una volta ero più concentrato su me stesso. Oggi cerco di raccontare chi mi sta intorno, per dare voce a chi mi segue. Maturando sono diventato più altruista».

Negli anni scorsi ha spesso espresso disappunto su alcuni aspetti del panorama discografico.

«La discografia fa il suo interesse economico, che è quello di non mettere sempre l'arte al primo posto. Combattere per riportare l'arte al primo posto mi ha tenuto vivo, ma ho sempre pagato tutto sulla mia pelle. Sentirmi libero per me viene al primo posto».

Non lo era, un tempo?

«Direi di no. Fin dall'inizio mi sono sentito offeso da come il sistema discografico volesse decidere della mia vita, quando avevo solo 23 anni. Essendo un artista e non un pupazzo, mi sono sempre ribellato. Dicevano che il problema era il mio ego o il mio carattere eccessivo. In realtà mi scontravo con aspetti di un meccanismo che non digerivo. Nessuno voleva andare al di là della mia bella immagine e aiutarmi a tirare fuori altro, perché conveniva a molti che rimanessi un oggetto da marketing. Dover subire tutto questo non faceva per me».

Negli anni Novanta era considerato la voce del pop italiano.

«Volevano controllare tutta la mia vita. Il mio album successivo a quel periodo, La fabbrica di plastica del '96, per intenderci, non ha nemmeno avuto una promozione. Non è stato facile, quanti artisti si uccidono Per fortuna ho sempre avuto la gente dalla mia parte».

Molti ricordano quando al Festivalbar '95 cominciò a passeggiare sul palco per tutta la durata del brano, senza cantare...

«Mi avevano proposto di vincere se avessi accettato di esibirmi in playback, ma mi rifiutai. Non mi interessava il premio, ma cantare dal vivo, volevo far passare un messaggio. Per farmi ascoltare, ho gridato a modo mio».

E delle nuove leve musicali, cosa pensa?

«Trovo talenti interessanti in X Factor. Speriamo che le nuove generazioni trovino la forza per mantenere la propria purezza nella comunicazione».

Farebbe il giudice in un talent?

«Certo. Un tempo non me la sarei sentita. Oggi invece mi interessa l'idea di supportare un giovane, di valorizzarlo, senza schiacciarlo».

A Sanremo tornerebbe?

«Solo come ospite, credo di meritarlo. Penso che quel palco mi abbia dato molto, ma di averlo ricambiato abbondantemente negli anni».

E oggi quali sono le sue fonti di ispirazione?

«I miei figli. E poi, essendo single, non mi dispiacerebbe incontrare donne che mi ispirino nuove canzoni d'amore...».

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