Cultura e Spettacoli

Fede e humour, "Due Papi" come non si erano mai visti

Nel film di Fernando Meirelles, Anthony Hopkins veste i panni di Ratzinger, Jonathan Price quelli di Bergoglio

Fede e humour, "Due Papi" come non si erano mai visti

Correva l'anno 2014. Vediamo Papa Francesco e Papa (emerito) Benedetto XVI davanti alla tv a guardare la finale dei mondiali di calcio tra l'Argentina e la Germania. A Bergoglio tocca complimentarsi con Ratzinger perché la Germania, con il solo gol di Götze, ottiene per la quarta volta il titolo di campione del mondo. Ha quindi di che gioire anche l'inflessibile «pastore tedesco» (ricorderete il titolo capolavoro del Manifesto alla sua elezione, mentre nel film il programma preferito di Ratzinger in tv è ovviamente il Commissario Rex). È questa una delle sequenze più curiose e anche divertenti del nuovo film di Netflix I due Papi diretto dal brasiliano Fernando Meirelles (il regista di City of God) nei cinema in attesa di arrivare sulla piattaforma streaming il 20 dicembre. Certo il «dettaglio» reale è che Papa Francesco ha dichiarato di non guardare più la tv dal 1990 per un voto fatto alla Vergine del Carmelo come viene giustamente ricordato nel docufilm Il nostro Papa di Tiziana Lupi e Marco Spagnoli (nei cinema il 16 e il 17 dicembre, giorno del compleanno del Pontefice). Ma non è la totale verosimiglianza che si può chiedere a un film che deve raccontare l'amicizia particolare tra i due Papi con dialoghi impossibili e che entra anche nelle votazioni dei due conclavi con l'elezione, prima nel 2005, di Papa Benedetto XVI, interpretato da Anthony Hopkins, e poi, nel 2013, di Papa Francesco, un perfetto Jonathan Pryce. Ma certamente il film è costruito in maniera molto sapiente da un signor sceneggiatore come il neozelandese Anthony McCarten (autore anche di La teoria del tutto, L'ora più buia e Bohemian Rhapsody) e così, dopo appena qualche minuto, allo spettatore appare tutto perfettamente plausibile grazie naturalmente anche ai due grandissimi interpreti che si superano in bravura nei vari «match».

L'idea portante del film è nell'invenzione drammaturgica del primo incontro tra i due a Castel Gandolfo nel 2012. Bergoglio vuole tornare a fare il parroco e chiede al Papa di autorizzare la sua rinuncia alla toga cardinalizia. Il paradosso è che Papa Benedetto XVI non ne vuole sapere proprio perché anche lui sta pensando di dimettersi e vede nel cardinale argentino il suo possibile successore. Uno stallo, che se fosse un western con le pistole puntate si direbbe «messicano», da cui si esce solo perché i due stabiliscono in quelle ore, dopo la diffidenza degli anni precedenti, una forte amicizia. Perché alla morte di Papa Giovanni Paolo II i nomi di Ratzinger e di Bergoglio furono quelli che probabilmente risuonarono di più nella meravigliosa Cappella Sistina qui ricostruita e che magari è la stessa della serie di Paolo Sorrentino The Young Pope (a proposito, la seconda stagione The New Pope arriva su Sky Atlantic il 10 gennaio). Poi certo la meglio la ebbe Joseph Ratzinger ritenuto un «conservatore di destra» mentre Jorge Mario Bergoglio passa per essere un «progressista di sinistra» (usiamo le virgolette perché la Chiesa cattolica non merita queste semplificazioni). Curiosa nemesi per un gesuita che nel suo Paese è stato anche accusato di non aver avuto posizioni chiare contro la dittatura militare del generale Videla alla fine degli anni 70. E infatti su questo il film, con dei bei flashback, ricostruisce la vicenda dei contrasti tra Bergoglio, all'epoca a capo della Compagnia di Gesù in Argentina e Uruguay, con i due sacerdoti, Orlando Yorio e Francisco Jálics, che operavano nella baraccopoli di Bajo Flores a Buenos Aires. Bergoglio gli tolse la protezione paradossalmente, a suo dire, per difenderli e i due furono arrestati e torturati dai militari. Solo con Jálics c'è stato successivamente uno scambio della pace durante una messa celebrata insieme.

Ma il film di Meirelles, che ha una serie di dialoghi tra i due pontefici che spesso strappano una risata (quando Papa Francesco cita Eleanor Rigby dei Beatles, Ratzinger gli domanda: «Eleanor chi?»), è interessante anche perché non omette nulla degli scandali recenti della Chiesa. Fa dunque capolino anche il nome di Gianluigi Nuzzi con i suoi libri sul Vaticano, si parla del problema della pedofilia con il messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, e più di un accenno viene fatto alla vicenda dei Vatileaks.

Il fulcro del film è però nella lunga conversazione tra i due grandi prelati che, come ogni uomo e come Gesù sulla croce, hanno dei momenti di sconforto: «L'idea era già in sceneggiatura - dice il regista Fernando Meirelles - ma nella realtà Papa Benedetto ha parlato della scura notte dell'anima.

La verità è che accade a ognuno di noi, sia se si è cattolici o buddisti o semplicemente praticanti di yoga, c'è sempre un momento in cui può capitare di avere dei dubbi».

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