Cultura e Spettacoli

Firenze ci riprova: vuole il "suo" Dante

Il sindaco Nardella è possibilista. Ma la storia lascia pochi spiragli...

Firenze ci riprova: vuole il "suo" Dante

Il diretto interessato, nel canto settimo dell'Inferno, fece la genialata di mettere insieme gli opposti: iracondi e accidiosi, che oggi definiremmo heaters e hikikomori. Il diretto interessato poteva farlo prima di tutto perché si chiamava Dante Alighieri e la lingua italiana per lui non aveva segreti, e secondo perché aveva carta bianca. Non gliel'aveva data nessuno, se n'era presa di sua spontanea volontà una bella risma e la riempì tutta, lontano da casa con la «c» aspirata per volere altrui. Le ultime pagine furono vergate in altre case, con la «c» per nulla aspirata, ma che comunque stava sempre per «cacciato».

Gli iracondi e gli accidiosi, statene certi, torneranno a manifestarsi quando si tratterà di celebrare, nel 2021, i sette secoli dalla morte di Dante. Soprattutto quando si rimetterà sul piatto il disco evergreen, un tormentone che periodicamente viene remixato, delle ceneri del Poeta. Iracondi e accidiosi saranno da entrambe le parti, da Firenze e da Ravenna. Qualcuno litigherà e qualcuno se ne fregherà. Ma è certo che la prima mossa verrà da Firenze, più fumantina della placida Ravenna.

Anzi, la prima mossa è già arrivata, come dimostra La Nazione di ieri, giornale su cui spiccava un titolo assertorio: «Sette secoli di guerre, ora le reliquie di Dante tornano a Firenze». Tuttavia il condizionale è d'obbligo, anche perché quattro anni fa, per i 750 anni dalla nascita di Dante, il sindaco toscano Nardella andò a bussare dal collega ravennate Fabrizio Matteucci definendolo «mio amico» per farsi restituire il prezioso reperto, ma ricevendo, amichevolmente, s'intende, la seguente risposta: «noi dormiamo con gli occhi aperti per sorvegliare la tomba». Ora ci riprova, con un altro interlocutore, Michele De Pascale. Avrà più fortuna? «Abbiamo cominciato a parlarne - spiega - ed è ovvio che sarebbe un fatto storico, straordinario, ma che si può realizzare solamente in totale accordo con la città di Ravenna». Meglio non suscitare aspettative troppo alte, insomma. Secondo Nardella «non è un caso se nessuno ci è riuscito in settecento anni», conclude.

Da Ravenna, per ora tutto tace, ed è un silenzio assordante. Ci si limita ad annunciare l'imminente riapertura della Pineta Ramazzotti al Lido di Dante, a sette anni dall'incendio che la distrusse. Ma la tomba dell'Alighieri, nella chiesa di San Francesco, resta chiusa ermeticamente, e intorno a lei, nella «zona dantesca», è d'obbligo il silenzio. Sussurri e grida forse si udiranno fra qualche mese, quando si parlerà di «limiti imposti dalla legge», di «nulla osta» e di «trasferimento temporaneo». E la memoria correrà all'anno 1519, proprio mezzo millennio fa, quando per far tornare ciò che restava di Dante a Firenze si mosse persino Michelangelo Buonarroti. Papa Leone X diede il via libera, ma quando la tomba fu aperta le ossa non c'erano. I frati francescani le avevano messe al sicuro non molto distante..

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