Cultura e Spettacoli

Fu amore a prima vista Da allora guardo tutto: sarà gusto per l'orrido?

Sì, io c'ero. Avevo compiuto dieci anni da pochi giorni quel 3 gennaio del 1954, quando mi sedetti per la prima volta davanti a quel coso, una specie di mastodontico mobile di pessimo gusto con in cima uno schermo. Era la televisione. Fu amore a prima vista. Che riesce a sedurmi ancora oggi, sessant'anni giusti dopo, se è vero che dinanzi a quel video, fortunatamente privo del mobile circostante, passo svariate ore al giorno. Deformazione professionale? Gusto dell'orrido? Inarrestabile rincoglionimento? Non lo so, scegliete voi. Comunque quel 3 gennaio mi ritrovai di fronte Fulvia Colombo, la progenitrice della signorine buonasera, che sorridendo annunciò l'apertura ufficiale delle trasmissioni. Aveva una terrificante capigliatura castana, alta quasi mezzo metro, ma a me sembrò bellissima. Come splendidi mi apparvero i programmi che seguirono. Perfino Arrivi e partenze, con Mike, sì già lui, evidente predestinato, che a Fiumicino intervistava i vip di passaggio. Sfoggiando un impeccabile inglese e oscurando il dimenticatissimo partner, Armando Pizzo.

Naturalmente non mi persi, la sera, L'osteria della posta, una commedia di Goldoni con Leonardo Cortese, Renato De Carmine e una giovanissima Isa Barzizza, che allora non avrebbe mai osato esclamare: «Che Natale di merda!», come fa, senza arrossire, in un cinepanettoncino di sconcertante successo, in questi giorni nelle sale. Anche se non era stato ancora approntato il prontuario delle parole proibite, messo a punto un paio d'anni più tardi dal mitico direttore Ettore Bernabei. Deciso a bandire l'uso di «verifica», «cazzotto», «membro del parlamento», come pure di «ascella», «parto» (il sostantivo, mica il verbo) e perfino di ginocchio e caviglia. La prudenza, stretta parente della pruderie, non è mai troppa. Come quella di Ugo Zatterin, popolare presentatore (la parola conduttore non era ancora stata inventata) che il 10 settembre del 1958 diede la notizia della chiusura delle case chiuse, sì, insomma dei casini. Con un sensazionale gioco di prestigio disse, senza arrossire, ma la tv era in bianco e nero, quindi la mano sul fuoco non la metterei : «I deputati hanno approvato oggi, 385 sì e 115 no, la famosa legge Merlin. Finisce così, senza più possibilità d'appello, una questione decennale apertasi esattamente il 10 agosto 1948». Un capolavoro di democristianissima ipocrisia. Record, imbattuto e probabilmente imbattibile, di dire senza dire.

Parlava tanto, invece il mite Angelo Lombardi, corpulento Amico degli animali, dal nome della trasmissione in onda ogni martedì sera dal febbraio '56, e inconsapevole nemico dell'italiano: «Ho ricevuto una lettera il quale mi dice...» oppure «Questo leopardo, che io ci voglio molto bene», sogghignava bonariamente dal teleschermo mostrando bestie esotiche in quantità mentre rispondeva alle richieste del pubblico. La sua complice Bianca Maria Piccinino fingeva di spaventarsi a morte. O forse era davvero annnichilita, dai congiuntivi. E un servizievole ascaro era incaricato di liberare la scena: «Andalù, portalo via!». Uno che invece con l'italiano ci andava a nozze era il professor Alessandro Cutolo, cordiale e coltissimo gentiluomo napoletano, docente di Bibliografia alla Statale di Milano, che per una decina d'anni, ogni giovedì, all'inizio in preserale, poi subito dopo il tg, fu al timone di Una risposta per voi, prima puntata a nascita della tv ancora calda, il 7 gennaio del '54. Storia, geografia, pittura, teatro, scienze: sapeva tutto. Se Cutolo era un vulcano, il maestro Manzi era la mitezza in persona. Non gli avresti dato due lire, e probabilmente non prendeva molto di più, quando cominciò i suoi corsi per adulti analfabeti. Aveva quattro lauree, ma non le faceva pesare nel suo Non è mai troppo tardi, in tv dal '60 al '68. Impossibile un conto, ma chissà quanti telespettatori gli devono un impiego. Sport, varietà, telequiz, approfondimenti vari, sceneggiati, lirica, prosa, ho visto tutto. Ho riso molto e qualche volta pianto. Mai mi sono addormentato, anche se spesso non sono riuscito a trattenere gli sbadigli.

Il mio personale primato di resistenza l'ho realizzato, ma non avrei mai voluto, nella notte tra l'11 e il 12 giugno del 1981, in quella interminabile diretta in cui si consumò la tragedia di Vermicino. Con il piccolo Alfredino Rampi caduto in un pozzo incustodito e una diretta di quasi venti ore che ci mostrò gli inutili tentativi per salvarlo.

La più terribile pagina della mia Raitv.

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