il Giornale OFF - Teatro

Il giorno in cui il fascismo colonizzò l'Agro Pontino

Pernarella porta in scena il libro Canale Mussolini di Pennacchi

Il giorno in cui il fascismo colonizzò l'Agro Pontino

«Siamo venuti giù per la fame»: poche battute sufficienti a racchiudere una delle più grandi e misconosciute epopee del Novecento italiano, l'arrivo di 30mila italiani di Nord-Est nell'Agro Pontino, per rendere le terre bonificate poderi di nuovi proprietari, e fare di una «terra smossa senza un'ombra di verde» la sede delle città di fondazione: Littoria, Aprilia, Pomezia, Sabaudia. E per coltivare i sogni di grandezza tecnologica, urbanistica e politica del fascismo colonizzatore in patria.
Di questa storia se ne è parlato poco: troppo ingombrante rispetto alla fretta di cancellare alcune memorie. Al pari di quanto è accaduto con gli esuli di Istria e Dalmazia o con gli italiani cacciati dalla Libia. A questa storia invece Antonio Pennacchi, scrittore fasciocomunista di Latina, ha dedicato il suo libro forse più bello, Canale Mussolini, che è diventato, anzi sta diventando – perché l'assemblaggio teatrale è ancora in fase sperimentale – uno spettacolo denso e corale che è stato presentato dove tutto è cominciato, nel piazzale del Comune di Latina. La regia è di Clemente Pernarella, e il gruppo di attori che si incarica di ripercorrere le tracce di quel «mito fondativo» e delle sue contraddizioni attraverso le vicende della famiglia Peruzzi è guidato da un terzetto d'eccezione con Giorgio Colangeli, Marina Biondi e Melania Maccaferri.
L'opera è divisa in due parti: la prima ricostruisce le grandi e tragiche vicende dello sradicamento e dell'arrivo nel «deserto» dell'Agro Pontino, la seconda indugia sulle storie individuali che trafiggono la carne familiare dei Peruzzi. Voci di una delle tante comunità che è stata messa su un treno e portata a fare «l'Italia delle braccia contadine» a centinaia di chilometri da casa.

Non è facile trasporre un romanzo di 500 pagine e, soprattutto, mantenere il duplice registro narrativo della macrostoria collettiva (c'è mezzo Novecento, in Canale Mussolini) e della microstoria familiare; ma l'obiettivo è raggiunto, e bene, aprendo una scena dove lo spettatore si immerge in una pagina di storia italiana che contiene tanto gli aspetti positivi quanto i grandi fallimenti della politica interna fascista e dei sogni di gloria mussoliniani (divertentissima la rievocazione degli stratagemmi metereologici del Duce).

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