La scena è chiara: una dogana, una nave ormeggiata in porto che pare l'Arca di Noè e Nino Frassica e Francesco Scali vestiti da frati che, con ironia, scelgono chi può entrare e chi no sulla barca che porta alla salvezza. E poi un tavolino, che assomiglia tanto a quello di Rockpolitik. «La bellezza ci salverà» recita un cartello ricordando quello che ci insegna Dostoevskij. Insomma la solita predica del Molleggiato che vorrebbe salvare questo mondo pieno di cattivi e di gente che lo vuole distruggere. Lo show live di Celentano che, in teatro a Verona, accompagna il debutto televisivo di Adrian si apre sulle note rock di Shake it up. Sulla nave salgono quelli che sono portatori di pace.
Sua Celentanità, alle dieci di sera, quando questa edizione è andata in stampa, non si era ancora fatto vedere. Perché si è fatto attendere fino all'ultimo. Come si conviene al Re, degli ignoranti, ma pur sempre Re. E, fino all'ultimo, ha avvolto la sua apparizione nel mistero, per creare più suspense, per rendere l'atmosfera elettrica, per sottolineare a tutti che quando Lui scende in campo è l'unico, solo, inimitabile, irraggiungibile. Che il suo ultimo lavoro, una serie animata, è qualcosa che nessuno ha mai osato come ideazione, temi e realizzazione tecnica. Fondamentale, sia in carne e ossa sia in forma di disegno, è che Lui ci riservi una lezione di vita, di come creare un mondo di pace e giustizia, senza violenza e guerre (perché in effetti a noi non piacerebbe, giusto?).
Dunque, ieri sera, il Venerato Maestro era atteso al teatro Camploy di Verona per il primo degli show live che accompagnano Adrian, la serie animata di cui lui è creatore, autore, direttore e protagonista, che si è fatta attendere ancora più della suo «io» reale. Che poi, ovviamente, è responsabile della infinita gestazione. Annunciata da circa un decennio, infatti, e passata tra mille traversie, cambi di casa di produzione e canali televisivi, da Sky a Mediaset, finalmente è stata programmata per gennaio 2019 su Canale 5. Prima serata ieri, seconda stasera, e poi altri sette lunedì consecutivi, per due puntate di un'ora ciascuna ogni messa in onda, tutti accompagnati da una parte live in diretta da Verona.
Ma tutta la preparazione è stata così faticosa, complessa, altalenante secondo gli umori del Reuccio di Galbiate che pure a Mediaset hanno alzato le mani e messo a disposizione solo il canale di trasmissione. Nessuna intromissione, nessuna possibilità di sapere cosa il Clan, produttore dello show, stesse preparando, vietata la visione anticipata del cartoon, studi blindati a tutti. Figuratevi che anche una persona accomodante e sempre allegra come Michelle Hunziker ha perso la pazienza e abbandonato le prove pochi giorni fa - e prima di lei Teo Teocoli - stufi di vedere «Adrian» solo in ologramma e mai in versione reale. Lui non è arrivato a teatro a Verona fino a domenica: i partner che avrebbero dovuto presentare accanto a Lui lo show stavano a girarsi i pollici sul palco non sapendo cosa provare e quali ruoli fossero loro affidati. Stoicamente, sono restati a Verona Nino Frassica, Ambra (che comunque non è comparsa ieri sera ma ci sarà in una delle prossime puntate), Francesco Scali, attore noto al pubblico per Don Matteo e Natalino Balasso. Pare che Celentano abbia messo mano fino all'ultimo al montaggio finale e certosino della sua versione animata.
Dunque, c'era una grandissima attesa per vedere la magnificenza di questa graphic novel con protagonista il Molleggiato in versione super eroe-orologiaio (mestiere che fece da giovane) che sfida il mondo dei cattivi e soprattutto di quelli che fanno del male alle donne (si vede anche una scena di aggressione a una giovane). A rappresentare il sesso femminile l'immancabile moglie Claudia Mori, pure lei, protagonista sotto forma di cartone animato, che incarna due tematiche importanti: il rapporto d'amore tra uomo e donna e la forza femminile importante per la salvezza del pianeta. Perché l'obiettivo fondamentale dell'intera operazione è ricordarci ancora, attraverso l'Enciclica Celentanesca, che il mondo sta andando in pezzi perché la proprietà e il possesso sono principi di iniquità e malessere sociale: «L'infelicità nacque quando da io sono si passò da io ho». Per cui, per rimettere le cose a posto, ci vuole una rivoluzione etica e culturale. Una specie di Sessantotto, ma con esiti migliori di quello del XX Secolo. Infatti la serie è ambientata nel 2068, in un futuro distopico, quando dovrebbe cominciare la rivolta. In un luogo che poi non è tanto lontano geograficamente, visto che c'è un richiamo alla celebre Via Gluck.
E per raccontare la sua rivoluzione il venerato maestro ha chiamato a sé tutti i più importanti artisti italiani, che si sono messi al suo servizio: da Vincenzo Cerami che ha supervisionato i testi, ma non è riuscito a vedere l'opera finale (è morto nel 2013), a Milo Manara autore dei disegni, a Nicola Piovani che ha scritto le musiche. Che poi sono stati coinvolti in un'impresa ciclopica che forse all'inizio non sapevano neppure loro quanto sarebbe stata ciclopica.