Cultura e Spettacoli

La grandeur di Leonardo fa più grande il Louvre

Apre domani la super mostra che il museo parigino prepara da un decennio: è record di prenotazioni...

La grandeur di Leonardo fa più grande il Louvre

Alla fine, proprio come in un film di Godard, il coup de théâtre è arrivato puntuale e inesorabile come qualcuno era già pronto a scommettere: la tavola del Salvator Mundi, considerata tra i grandi assenti alla mostra evento su Leonardo che si inaugura in questi giorni al Louvre, è riapparsa come per incanto e riempie lo spazio vuoto che (guarda caso) gli era stato riservato dai curatori Vincent Delieuvin e Louis Frank. Ma non trattasi della controversa tavola data per dispersa su uno degli yacht dell'emiro arabo che l'aveva acquistata per 450 milioni di dollari, bensì di un'altra celebre copia appartenuta al marchese francese De Ganay e venduta a New York per poche centinaia di dollari una decina di anni fa. L'opera fu attribuita a Leonardo dallo storico americano Joanne Snow-Smith, mentre per gli studiosi incaricati dalla National Gallery sarebbe di bottega (Boltraffio?). «Avevamo chiesto entrambe le opere dicono i curatori e ancora non disperiamo di avere anche l'altra copia del Cristo leonardesco». Il colpo di scena è stato, come si suol dire, la classica ciliegina sulla torta della mostra-monstre che celebra la grandeur del Genio Léonard De Vinci (la pronuncia è De Vensì...) nel Paese che, amano sottolineare all'ombra della Torre Eiffel, lo ha maggiormente valorizzato da quando, nel 1516, si trasferì nella valle della Loira alla corte di re Francesco I, per morirvi tre anni dopo. Ma la grandeur di questa esposizione che rappresenta in assoluto la più cara per il Louvre, almeno in termini di polizze assicurative, sta tutta nei numeri che stanno facendo tremare i polsi anche a un museo da 10 milioni di visitatori annui.

Per Léonard, i biglietti già venduti nei 4 mesi precedenti l'inaugurazione di domani hanno raggiunto 220mila e la febbre, da qui alla chiusura di febbraio, farà presumibilmente superare il tetto dei 500mila visitatori. È questa la ragione per cui, per la prima volta, il Louvre accetterà solo biglietti venduti online e per fasce orarie, divieto ai gruppi superiori alle 25 persone, e accesso prolungato per 4 giorni a settimana dalle 9 alle 21.45. Precauzioni doverose, dicono gli organizzatori, per una mostra costruita in dieci anni e che espone, in un percorso rigorosamente cronologico, 160 opere tra dipinti (11 su 15 di sua mano certa e i restanti attribuiti alla bottega), disegni, sculture e codici.

Sono 7 le sezioni della mostra che si snoda al piano -1 della piramide, lasciando inevitabilmente distaccata la Gioconda, appena ricollocata nella sua sala al secondo piano dopo accurato riallestimento con tanto di realtà virtuale, come moda museale impone: Monna Lisa Beyond the Glass è infatti il titolo della prima esperienza interattiva mai realizzata al Louvre che permetterà ai visitatori di interagire con il dipinto, rivelando dettagli invisibili a occhio nudo, oltre ad informazioni sulla genesi dell'opera. «Quello che viene considerato il maggior capolavoro di Leonardo viene mantenuto nella sua sala per ragioni precauzionali sottolineano i curatori - e, presto o tardi, necessiterà di un restauro perché i colori, nel corso dei decenni sono ingialliti».

La grandeur della mostra che celebra il Cinquecentenario del maestro è evidente e inevitabile per un museo come il Louvre che da solo detiene quasi un terzo dei dipinti di Leonardo e alcuni tra i più celebri; come la Monna Lisa consegnata personalmente dall'artista alla corte francese che però già possedeva capolavori come La Vergine delle Rocce e La Belle Ferronnière. Le sette sezioni della mostra si aprono con il bronzo monumentale L'incredulità di San Tommaso del Verrocchio, bottega da cui, agli esordi del 1464, Leonardo apprese i rudimenti sulla scultura e lo studio della forma. La scultura attorniata dagli studi di panneggio apre il percorso di una mostra che ha aggiunto prestiti da tutto il mondo alle opere già presenti a Parigi, tra cui le già citate Vergine delle Rocce, la Belle Ferronnière (che fu esposta anche alla mostra di Palazzo Reale del 2015), il San Giovanni Battista e Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'Agnellino.

Tra i prestiti eccellenti merita citare il San Girolamo della Pinacoteca Vaticana, la Scapigliata dalla Galleria Nazionale di Parma, il Ritratto di Musico dalla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, il Volto di Fanciulla dai Musei Reali di Torino e il grande cartone di Burlington House della National Gallery. Senza dimenticare, ovviamente, l'Uomo Vitruviano normalmente custodito alle Gallerie dell'Accademia di Venezia e oggetto di contesa fino quasi alla vigilia della mostra. Tra i prestiti, nel sontuoso allestimento espositivo, spicca la Madonna Benois giunta dall'Ermitage di San Pietroburgo, opera significativa del maestro che per la prima volta volle dimostrare la sua autonomia rispetto alla scuola dei maestri fiorentini come Botticelli, Ghirlandaio e Perugino, privilegiando alla maestria dello stile l'interpretazione profonda della natura. Impeccabile e ricchissima si presenta anche la collezione di disegni e scritti, da quelli del Codice Atlantico normalmente custoditi presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano fino a quelli provenienti dalle collezioni della corona britannica. Presente anche la collezione dei manoscritti dell'Institut de France, i Fogli di Bayonne mai prestati prima e i disegni preparatori della Leda col cigno custodita alla galleria Borghese e di Sant'Anna con la Vergine e il Bambino di proprietà del Louvre.

Le sezioni della mostra, si diceva, hanno un intento cronologico. Grande risalto viene dato al periodo milanese degli Sforza che accosta in maniera felice opere come la Vergine delle rocce al ritratto di Franchino Gaffurio, la Belle Ferroniére al San Girolamo. Tanti capolavori, anche se non mancano assenze eccellenti, come la Dama con l'Ermellino custodito al Museo Nazionale di Cracovia, l'Annunciazione, il Battesimo e la Natività dichiarati incedibili dagli Uffizi... Tutto sommato dettagli per quella che resta comunque la più grande raccolta mai allestita delle opere di Leonardo.

Con questa mostra, infatti, i curatori hanno voluto consacrare la centralità della tecnica pittorica di Leonardo, ovvero quella «scienza della pittura» che avvicina l'uomo a Dio; destabilizzando quell'archetipo del «Genio Universale» tanto decantato dalle Vite del Vasari.

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