Cultura e Spettacoli

The Handmaid's Tale: com’è, per ora, la seconda stagione

The Handmaid’s Tale, cioè l’incubo di una società priva di diritti per le donne: la seconda stagione inizia con una nuova speranza

The Handmaid's Tale: com’è, per ora, la seconda stagione

The Handmaid’s Tale, dopo una prima stagione all'insegna della sofferenza taciuta e delle dinamiche rituali della società di Gilead, con la seconda cambia passo e inizia la fuga; il tono claustrofobico viene mantenuto, ma a differenza delle puntate precedenti la libertà sembra essere più vicina.

La prima stagione di The Handmaid’s Tale, basata sul romanzo di Margaret Atwood “Il racconto dell’ancella”, si concludeva con Difred/June - interpretata da Elisabeth Moss - che entra a testa alta su un furgone non sapendo se sarebbe andata “verso l’oscurità o verso la luce”, ma che comunque questo sarebbe stato un nuovo inizio. La prime tre puntate della seconda stagione ci mostrano che una svolta c’è stata e che, forse, un barlume di luce è presente.

Il primo cambiamento che mostra The Handmaid’s Tale è il rapporto tra le ancelle. Nella prima stagione queste vivono in una diffidenza reciproca per paura che la compagna di spesa sia un “occhio”, cioè una spia. Nell’ultima puntata però notiamo come la loro condizione le abbia portate a prendere coscienza della forza che possono avere se unite. Infatti si ribellano alla lapidazione di Janine ed è su questo segno che si apre anche la seconda stagione. Il loro gesto non rimane impunito ovviamente. Difred e le altre ancelle vengono sottoposte all’ennesima tortura psicologica e fisica ordinata da zia Lydia (Ann Dowd, in un ruolo che si avvicina a quello avuto in The Leftovers), la quale però potrebbe avere un esito opposto. Le parole di Difred/June nella prima stagione ci anticiparono già questo cambiamento: “La colpa è loro, non dovevano darci un'uniforme se non volevano che diventassimo un esercito”.

La prima puntata di The Handmaid's Tale racconta anche, e soprattutto, l'inizio di una nuova fase della storia. Difred nella prima stagione ci spiega che prima di “tutto questo” aveva un altro nome, ma che ora è proibito. Nella seconda stagione invece, per la prima volta, si lascia andare ad uno sfogo liberatorio in cui si spoglia dei suoi vestiti da ancella e torna ad essere June Osborne, una donna libera.

Il secondo episodio invece si concentra su di un altro personaggio importante per la serie. Emily (Alexis Bledel), a causa del suo comportamento ribelle mostrato in più occasioni nella prima stagione, viene assegnata a una colonia, luogo in cui le donne non fertili sono costrette a ripulire zone contaminate estremamente tossiche. Nella colonia arriva una nuova recluta: una donna (Marisa Tomei) che è stata infedele al marito. Nonostante la condizione comune, Emily non dimentica che ruolo ricopriva quella donna nella società di Gilead. Non importa se ora sono entrambe considerate delle “non donne”, la reputa complice delle sue sofferenze. Nel frattempo, con un flashback viene raccontata la sua vita prima della guerra.

La terza puntata è un mezzo passo falso. La trama si fa più piatta nonostante il tentativo di fuga di June, con esiti quasi scontati. Il flashback che racconta il rapporto con la madre, femminista convinta, risulta a tratti noioso (prima volta nella serie). La denuncia della mancanza dei diritti delle donne, magistralmente rappresentata nella prima stagione, nella seconda - in particolare in questo suo terzo episodio - pare essere ostentata. Una puntata opaca se paragonata alle precedenti.

Il teaser del quarto episodio, dal titolo "L'altra donna" - in uscita il 10 maggio su TimVision - anticipa il ritorno a Gilead di Difred/June con un temperamento decisamente diverso rispetto a quello avuto in precedenza, ma anche un flashback su June e la prima moglie di Luke.

Commenti