Cultura e Spettacoli

"Ho quasi perso un occhio ma ora vedo la musica con più Equilibrium"

Dopo l'operazione il pianista e direttore pubblica un doppio album

"Ho quasi perso un occhio ma ora vedo la musica con più Equilibrium"

Giovanni Allevi, che un tempo definimmo l'Harry Potter del pianoforte (qualifica che apprezza assai ancor oggi), emana indubbiamente energia positiva. Non è solo il suo modo scanzonato di prendere le cose che colpisce, ma anche la sua capacità di rigirare gli avvenimenti negativi in positivi. Una volta, mentre era in ambulanza per un attacco di panico, pose le basi per un nuovo disco. Questa volta, mentre era in tournée in Giappone, ha subìto il distacco della retina. «Ero in Giappone - ricorda Allevi - dove sono molto amato dal pubblico e mentre suonavo all'improvviso mi si è spenta la luce. Non ho più visto nulla da un occhio... Di solito il distacco della retina è un malanno leggero, ma a me ha preso particolarmente male e probabilmente l'occhio è danneggiato per sempre». Perdere la vista è un evento che prostrerebbe chiunque ma non il buon Allevi, che si è rifugiato in un'isola deserta dell'Atlantico per riprendere a lavorare con il suo fedele pianoforte Bösendorfer Imperial. E non solo, perché Allevi ha ripreso in mano la bacchetta e ha inciso il doppio disco Equilibrium (in uscita domani) in cui riveste il triplo ruolo di compositore, direttore d'orchestra e pianista. «È l'album più strano che io abbia registrato perché ho suonato e diretto l'orchestra bendato. È un disco che dà spazio ai sentimenti, inciso dopo un lungo periodo di buio e di silenzio e la musica assume direzioni diverse ma il denominatore comune dell'opera è la ricerca della luce. Equilibrium è il titolo adatto, perché perdendo l'equilibrio fisico ho perso anche quello psicologico e mentale, per questo definisco questo lavoro un'odissea».

Nel primo cd c'è Allevi al pianoforte solista in cinque brani e il maestro con un'orchestra d'archi negli altri cinque. Nel secondo album Allevi dirige l'Orchestra Sinfonica Italiana e al pianoforte siede l'americano Jeffrey Biegel. «È un doppio album che racconta le mie due anime sempre in equilibrio instabile: quella classica e l'anima rock che mi trasforma in una specie di black bloc simpaticamente distruttivo. Spero che il pubblico condivida le mie stesse emozioni». Per la prima volta dunque Allevi dirige un pianista di vaglia come Biegel (che la ha definito un misto tra Franz Liszt e Keith Emerson). La prima parte dell'opera è stata eseguita in America con Biegel al piano e Jeffrey Reed alla direzione d'orchestra. «Pensi che io non ho neanche potuto assistere all'evento perché ero malato, ma mi hanno detto che è stato un successo». L'evento (con ospiti Biegel e Reed) ma con Allevi sul palco, sarà riprodotto in esecuzione unica per l'Italia il 15 novembre al Teatro Dal Verme di Milano. «Non vedo l'ora - sottolinea con la sua tipica vivacità Allevi - di riprendere il contatto interrotto con i miei fan e di vedere come saranno le sinergie con Biegel e Reed, direttore ospite».

Poi dal 26 dicembre all'Auditorium Santa Cecilia del parco della Musica di Roma, partirà la sua vera tournée - con oltre venti concerti in tutta Italia - in cui suona il pianoforte e dirige l'Orchestra Sinfonica Italiana.

All'ascolto Equilibrium è un puzzle che si completa piano piano avvolgendo l'ascoltatore. «Nei miei brani al pianoforte c'è quello spirito classico ma moderno in cui il mio ascoltatore tipico (non dimentichiamo che esiste il popolo degli alleviani) si rispecchia e ritrova. Il secondo disco invece è una vera e propria opera divisa in tre parti: Mosso, che rappresenta l'inizio del mio viaggio dell'anima, Allegro che è una vera esplosione di gioia e sconfina addirittura nel rock progressivo, Adagio che è la parte più complessa e che mi ha impegnato a lungo. Il primo e il terzo movimento li ho composti di getto, per l'Adagio ho avuto paura. Era come se temessi di guardare in basso dal filo di un equilibrista, perché dovevo mettermi a nudo.

Infatti penso che sia un lavoro molto intimo, in cui la mia musica dice di me cose molto private».

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