Cultura e Spettacoli

Con i campioni poveri e cocciuti Hollywood prova a dare fiducia

La Jolie in "Unbroken" racconta la vita di Zamperini che piaceva a Hitler e fu torturato. Ma anche Pelè e il pugile Duran diventano storie da film. Obiettivo: infondere ottimismo

Con i campioni poveri e cocciuti Hollywood prova a dare fiducia

Dietro alla cinepresa, Angelina Jolie ha un futuro davanti. Come dimostra la sua seconda prova di regia, Unbroken (in uscita il 29 gennaio), biopic drammatico incentrato sulla vera storia dell'atleta ed eroe di guerra americano, ma d'origine italiana, Louis «Louie» Zamperini (1917-2014). Del resto Hollywood va spesso a caccia di certe storie estreme, ma edificanti, tra redenzione, sopravvivenza e resilienza, la capacità di resistere agli insulti della vita. Dove si resta invitti, non ci si spezza, né ci si piega: Unbroken , insomma, a dispetto dei calci ricevuti. E stavolta Angie ha fagocitato un libro ponderoso di Laura Hillenbrand, Sono ancora un uomo - Una storia epica di resistenza e coraggio (Feltrinelli), i cui capitoli, singolarmente, ispirano da soli decine di film.

Per riassumere in 2 ore e 17 minuti la frastagliata vicenda umana del «tornado di Torrence», dal paese californiano in cui visse questo glorioso italo-americano, la regista ha focalizzato i primi 25 anni della vita di Zamperini, qui Jack O'Connell. Veloce come il vento, forte come una roccia, il mezzofondista ammirato da Hitler alle Olimpiadi di Berlino, inizialmente viene presentato come il classico teppistello, figlio di rozzi italiani, emigrati da Castelletto di Brenzone (Verona): mamma Luisa è una donna mite e papà Antonio è lesto alle cinghiate. Poi, anche se corre alla velocità della luce e potrebbe fare l'atleta per campare, arriva la Seconda Guerra mondiale e lui parte. Destinazione: un bombardiere, che nel 1943 precipita nel Pacifico, durante una ricognizione. Zamperini sopravvive allo schianto, insieme ad altri due membri dell'equipaggio, Phil (Dornhall Gleeon) e Mac (Finn Wittrock). Sotto il sole cocente e tra gli squali, i tre vengono anche mitragliati dai giapponesi, ma al 47esimo giorno, soltanto Louie e Phil approdano su un'isola, dove i «Giap» li catturano.

Louis, internato in un campo di concentramento, sopravvivrà due anni alle tremende torture del sadico ufficiale Watanabe, alias la rockstar pop giapponese Miyan. Si soffre parecchio, in questo film diretto guardando alla fattura smaltata di Spielberg, ma anche alla grandiosità di Leni Riefenstahl, stilisticamente citata nella scena delle Olimpiadi berlinesi. Tra flash retrospettivi e scene di guerra per aria e per mare, si patisce la fame, la sete e si perde molto sangue.

«Ho dovuto lottare per girare il film. All'inizio, contro Zamperini, che era contrario. Poi, tra mille difficoltà, quando mi prendevo la testa tra le mani, arrivava lui a consolarmi. A dirmi: “Puoi farcela”», spiega la Jolie, affranta dopo la morte del suo eroe, a luglio, per polmonite. L'incredibile storia vera del ribelle che divenne un campione e un sopravvissuto, sceneggiata dai fratelli Coen e costata alla Universal solo 65 milioni di dollari, reca un messaggio di speranza.

Alle generazioni presenti, che devono sopravvivere senza certezze, dalle generazioni passate arriva il monito: tra luci e ombre, la vita riserva sempre qualcosa di buono. Certo, ci vuole un cuore da atleta per passare indenni tra mille ostacoli e così i biopic sportivi si sprecano: ecco Foxcatcher - Una storia americana di Bennett Miller, thriller sportivo con Channing Tatum e Steve Carell in uscita il 17 gennaio, a raccontare la storia dei fratelli Mark e David Schultz, entrambi oro nella lotta libera a Los Angeles '84, con sullo sfondo un potente magnate ossessionato dal suo pupillo.

Il ring spopola con Hands of stone di Jonathan Jakubowicz, dove il pugile panamense Roberto Duran «manos de piedra» (Edgar Ramirez) è alle prese col suo leggendario allenatore Ray Arcell, un canuto, ma tosto Robert De Niro. E c'è pure la risposta del campione di boxe Vinny Pazienza in Vinny Paz di Ben Younger, a sfidare Duràn nei Novanta. Il calcio fa la sua figura con Pelè di Jeff Zimbalist, sulla leggenda brasiliana del pallone, mentre la corsa campestre ha il suo momento di gloria con McFarland Usa , una storia vera targata Disney, con Kevin Costner a trasformare un gruppo di «latinos» senza arte, né parte, in un team vincente.

Più l'Occidente si affanna, più Hollywood punta, non casualmente, su incoraggianti storie di successo sportivo e personale: non c'è riuscita senza impegno.

Commenti