Cultura e Spettacoli

I paesaggi immaginari di Vernizzi

Luca Beatrice

Una scoperta piacevole la pittura così particolare e controcorrente di Luca Vernizzi, che espone alla Triennale di Milano solo per pochi giorni, dal 22 settembre al 3 ottobre, il ciclo intitolato con enfasi L'inerenza e l'altrove, composto da dodici opere di grande formato e un buon numero di studi preparatori.

Destino di molti pittori figurativi che non inseguono mode né tendenze, quello di piacere più a letterati e a intellettuali che non ai critici specializzati. Nato nel 1941 a Santa Margherita Ligure Vernizzi, che preferisce firmarsi col solo nome di battesimo Luca, peraltro critico lo fu in un lontano apprendistato, firma del Corriere della Sera come vice di Leonardo Borgese. Poi la pittura, praticata fin dal 1968 con una prima mostra alla Galleria Pagani di Milano. Di questa pittura Giovanni Testori ebbe a dire, derivata da Matisse e rivisitata sull'esempio del pop inglese, Peter Blake in particolare. Di fatto una figurazione insistita e coerente, costruita in decenni di lunga militanza tra i pennelli.

Tra grandi tele, tempere e collage, un'installazione da cui la mostra prende il titolo, una sedia collocata a guardare un paesaggio immaginario. Quindi il trittico Destini, l'enigma metafisico Solstizio d'estate, dalle chiare atmosfere dechirichiane e una serie di episodi singoli e intensi come Finestra nella nebbia e Neve.

Noto come ritrattista, Luca ha immortalato diversi personaggi italiani Armani, Enzo Biagi, Valentino Bompiani, Montale tra gli altri - con il suo tipico tratto nervoso da disegnatore di talento. Gli ha attribuito ulteriore notorietà la commissione del monumento in onore di Giovanni Paolo II al Divino Amore di Roma. E poi un buon curriculum di mostre in Italia e all'estero.

Apprezzato, come si diceva, dagli intellettuali, Vernizzi ha ottimi padrini d'eccezione per questo importante rientro milanese: Sandro Mancini, che ben ne conosce il lavoro, la storica Elena Pontiggia ed Elisabetta Sgarbi.

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