Cultura e Spettacoli

«I vu' cumprà? Proviamo a dargli volto e voce»

«Quelli dei Cahiers du Cinéma sono borghesi: ovvio che proclamino morto il cinema di sinistra», dice il regista Jacques Audiard, che al Festival di Cannes ha vinto la Palma d'oro con Dheepan. Una nuova vita (dal 22), storia di migrazione tra choc culturali e soprusi. Ambientato nello Sri Lanka, dove la guerra civile spinge il soldato Dheepan a espatriare, per poi finire in una banlieu parigina e costruirsi una famiglia «di comodo» con una giovane donna e una bambina, il film si schiera dalla parte dei più deboli. «Per la strada gli immigrati ci offrono rose e accendini e noi neanche li guardiamo. E se li guardassimo in faccia, invece? E se dessimo una storia a queste persone? È da qui che sono partito: dare un volto e una storia a un uomo», spiega l'autore di Un sapore di ruggine e ossa , riflettendo sulla situazione ora vissuta dall'Europa. L'attore protagonista di quest'interessante dramma contemporaneo, Anthonythasan Jesuthasan, nella realtà è un ex combattente delle Tigri Tamil, che a molteplici lavori alterna una carriera di scrittore, sotto lo pseudonimo di Shobasakhti. Dalla sua personale esperienza di lotta deriva, quindi, un racconto convincente. «Cosa sappiamo noi del conflitto Tamil? Nulla. Però qui ho voluto sottolineare un tipico tema da commedia: il bisogno di stare in famiglia, di stare in coppia per rientrare nei canoni della società», afferma Audiard, bombetta nera da parigino scanzonato e fare ironico. «Quando ho vinto la Palma d'oro, la prima domanda dei giornalisti è stata: È deluso?». Ma anche quando ho vinto il Grand Prix, a Cannes, per Il profeta , i critici francesi si sono stupiti. Bene, questo film non farà staccare milioni di biglietti, ma poiché ha vinto la Palma d'Oro, magari la tv lo trasmetterà in prima serata», ironizza, commentando il fatto che l'Italia, tre film in concorso, sia rimasta a bocca asciutta sulla Croisette. «Il cinema esiste per produrre forme: non voglio rischiare di fare della sociologia. Stavolta ho trovato la chiave della falsa famiglia», scandisce l'autore, che si muove tra cinema sociale e umanesimo, tra gli scontri fisici in Sri Lanka e nella periferia parigina e gli elementi immateriali come acqua, fuoco, vento, portati sullo schermo con una vena spirituale. «Il mio è un film che cambia continuamente, si metamorfizza e cambia genere, man mano che i personaggi si modificano interiormente.

Nelle storie m'interessano le ferite dei protagonisti», chiarisce l'artista. Attualmente al lavoro su un western, tratto dal romanzo di Patrick DeWitt Arrivano i Sister (Neri Pozza Editore), Audiard, 63 anni portati con baldanza, per Dheepan si è ispirato alle Lettere persiane di Montesquieu.

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