Cultura e Spettacoli

Imberti, mago della «pittoscultura»

Ex operaio, esporrà le sue opere in estate in una mostra a Cherasco

Stefano Duranti Poccetti

Era partito dal Dadaismo, con un'attenzione particolare a Il grande vetro di Duchamp, del quale nell'arco della sua lunga attività ha conservato una delle caratteristiche essenziali: quella del «dubbio», che pone lo spettatore in una dimensione spaesata dinanzi all'opera d'arte, non potendola afferrare nella sua completezza. A partire da questo concetto, Pier Giuseppe Imberti è approdato, dopo aver indagato altri versanti artistici, alla creazione di opere di «pittoscultura», che, attraverso un attento studio delle forme e dei colori, emanano una forte tensione sia psicologica che fisica. L'artista, attivo dagli anni '80, si è appassionato all'arte grazie al padre, che dipingeva per passatempo, e cominciò da autodidatta con una motivazione forte, quella di trasformare il suo mestiere in poesia. Imberti era infatti operaio in una fabbrica e lavorando il ferro volle creare qualcosa che potesse attribuire a questo materiale bellezza, decontestualizzandolo dal suo utilizzo quotidiano. È perciò che nascono le prime sculture, come le grandi ruote, che però nascondono una sorpresa. Osservandole infatti esse sembrano realizzate, appunto, in questo materiale, ma in realtà sono in legno; si torna dunque a quello che si affermava sul Dadaismo, che, tradotto in parole semplici, suonerebbe così: «l'apparenza non è quel che sembra». All'artista, che collabora con la Galleria d'arte Skema 5 di Cuneo, sarà allestita nei mesi di luglio, agosto e settembre una mostra antologica che ripercorrerà la sua intera carriera artistica.

Essa avrà luogo nel prestigioso Palazzo Salmatoris nel comune di Cherasco, e sarà curata da Cinzia Tesio.

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