Cultura e Spettacoli

Kolossal all'italiana. I "mostri" di Mainetti combattono i nazisti nel circo di Roma

Nell'attesissimo "Freaks Out" quattro eroi improbabili alle prese con gli invasori e un "cattivo" visionario: un mix tra Armata Brancaleone e film Marvel...

Kolossal all'italiana. I "mostri" di Mainetti combattono i nazisti nel circo di Roma

Ecco finalmente svelato il film italiano più atteso degli ultimi anni, Freaks Out di Gabriele Mainetti, il regista dell'esplosivo esordio del 2015 Lo chiamavano Jeeg Robot pluripremiato con sette David di Donatello. In concorso alla Mostra del cinema di Venezia, prima di uscire nelle sale il 28 ottobre, Freaks Out segna un punto di non ritorno nella costruzione di un immaginario cinematografico come non accadeva in Italia forse dal cinema dell'omaggiato Sergio Leone. Per robustezza produttiva, quasi 14 milioni di euro di budget, un vero e proprio kolossal, per cura dei dettagli con più di 4 mesi di riprese nell'estate del 2018 tra Roma e Calabria e oltre un anno di postproduzione, per capacità di creare quello che i nostri figli chiamano hype, cioè una grandissima aspettativa. Insomma i due ragazzi terribili, cresciuti negli anni '80, Mainetti è del '76, l'amico e fido sceneggiatore, qui autore anche del soggetto, Nicola Guaglianone è del '73, si sono conquistati il cinema italiano mainstream plasmandolo sui propri universi di riferimento, con meccanismi narrativi popolari e con in testa l'idea di fare il cinema che vorrebbero vedere in sala come se fossero, ancora oggi, degli adolescenti alla corte di Spielberg.

Benvenuti dunque sulle montagne russe, sull'ottovolante di Freaks Out che, per rimanere in ambito di parco giochi, è ambientato nella Roma occupata dai nazisti del 1943 dove Matilde (Aurora Giovinazzo), Cencio (Pietro Castellitto), Fulvio (Claudio Santamaria), Mario (Giancarlo Martini) vivono come fratelli nel circo, appunto, «Mezzapiotta» di Israel (Giorgio Tirabassi), loro padre putativo. Quando questi scompare nel tentativo di trovare una via di fuga oltreoceano, i quattro fenomeni da baraccone, con poteri tutti loro, restano soli nella città occupata dai nazisti che inizieranno a combattere grazie all'incontro con un gruppo di partigiani, anch'esso pieno di freaks, di mostri, come il gobbo comandante interpretato da Max Mazzotta. Dovranno però vedersela in particolare con un nazista molto peculiare - il classico villain - il visionario Franz, interpretato da Franz Rogowski, che vede nel futuro - infatti disegna cellulari, il Joypad della Playstation e costruisce cubi di Rubik - e che si vuole appropriare dei poteri di alcuni componenti di questa banda dei quattro in cui nessuno obbedisce ma nessuno comanda.

È molto ironico Freaks Out, è pieno di battute, è anche una storia d'amore in fieri, è cinema d'azione puro con l'assalto liberatorio al treno degli ebrei deportati dopo i terribili rastrellamenti del ghetto di Roma. Insomma, per intenderci, siamo dalle parti dell'Armata Brancaleone che incontra un film Marvel, tale è la fattura degli effetti visivi coordinati da Stefano Leoni. Ma, avverte lo sceneggiatore Nicola Guaglianone, «è un film di uomini con superpoteri non di supereroi» perché, precisa Gabriele Mainetti, «i nostri personaggi non rimbalzano senza senso con un costume addosso nel rettangolo del grande schermo. Loro sono dei freaks che diventano degli eroi e noi li accompagniamo in questo viaggio narrativizzando con precisione ogni personaggio».

In particolare quello del romanesco Cencio sembra costruito a pennello sull'attore Pietro Castellitto, figlio d'arte che lo scorso anno era al festival anche come regista del suo notevole esordio I predatori: «All'epoca delle riprese - ricorda il regista - Pietro aveva 23 anni e io cercavo al massimo un diciottenne. Poi quando gli ho fatto il provino mi sono disperato perché era perfetto e ho pensato che mi toccava riscrivere tutta la sua parte».

La credibilità di un'operazione come quella di Freaks Out, con un'imponente compagine produttiva orchestrata da Andrea Occhipinti con lo stesso regista e con la Rai Cinema di Paolo Del Brocco, si misura anche dal grande lavoro artigianale delle figure tecniche, con Michele D'Attanasio alla fotografia, Francesco Di Stefano al montaggio, Mary Montalto ai costumi, Massimiliano Sturiale alla scenografia e Michele Braga con lo stesso Mainetti alle musiche.

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