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L’attore Gabriele Lazzaro: Procacci, Golino, Accorsi aiutatemi voi nella mia battaglia

Follia, sesso, ossessione. Il cortometraggio indipendente contro l'immoblismo del cinema italiano. Guarda il cortometraggio

L’attore Gabriele Lazzaro: Procacci, Golino, Accorsi aiutatemi voi nella mia battaglia

Follia, sesso, ossessione, incesto. Gabriele Lazzaro, attore milanese, 29 anni, scrive, produce e interpreta “Normality”, cortometraggio indipendente senza scopo di lucro (guarda il video) col quale dà uno schiaffo morale all’immobilità del cinema italiano.
Lazzaro ha debuttato in tv nel 2006 con la soap di Canale5 Vivere. In dieci anni di televisione si è diviso fra fiction e spot pubblicitari (ha prestato il volto al Guerriero dell'Amore per la campagna tormentone Enel). Nel 2013 è stato scelto da Pupi Avati per interpretare il ruolo drammatico del soldato Romeo nella serie Rai "Un matrimonio" e presto sarà al cinema con “Cronaca di una passione” di Fabrizio Cattani. Ilgiornale.it lo ha incontrato per parlare della sua produzione.

Un corto indipendente di 18 minuti diretto dal giovane regista Nicolò Tagliabue, e scritto, prodotto e interpretato da te. Da cosa nasce “Normality”?

Dalla necessità di opporsi alle illogiche che stanno condannando noi attori italiani all'immobilità. Siamo tanti, ma non troppi. Ci sarebbero ruoli per tutti, ma si investe sempre sugli stessi nomi. Io invece ho fortemente voluto accanto a me Mariella Valentini, una delle attrici più brave e versatili del nostro cinema, spesso dimenticata. Sai che la scena per cui più è maggiormente ricordata (gli schiaffoni che le dà Nanni Moretti in “Palombella Rossa” ndr) è al Museo del Cinema di Torino?

Scopo sociale quindi..

Hai detto bene. In questa produzione ho unito a titolo gratuito professionisti giovani come Tagliabue e la sua crew ad adulti come mio padre Angelo Germinario (storico capo luci Mediaset ndr) e la costumista Tina Monello. Due generazioni differenti, entrambe decise a difendere il proprio lavoro, che stando alla Costituzione dovrebbe essere un diritto fondamentale. In Italia ormai in qualsiasi campo è impossibile sopravvivere se non sei “amico di”, “figlio di” o “protetto da”, e questo è triste perché alla base della dignità umana c’è proprio il lavoro.

Il film parla dell’amore malato fra una madre un figlio..

Sì, un amore perverso, incestuoso. Norman è un uomo problematico, con una grande solitudine interiore. La madre ama il figlio al punto da non riuscire ad accettarne la psicosi. I due hanno un passato fatto di abusi fisici e psicologici dovuti alla figura di un nonno (l’attore Fabio Massimo Bonini ndr) che li ha portati a vivere morbosamente l'uno per l'altra. E questo li ha spinti ad insinuare nel loro rapporto il seme di attrazione ossessiva. La psicologa (interpretata da Carola Stagnaro ndr) capisce chiaramente la dinamica, ma per Norman e sua madre la dipendenza emotiva è talmente vitale da essere disposti a tutto, anche ad ucciderla.

Perché Norman?

È un libero omaggio a “Psycho”, che amo da sempre per l'interpretazione impeccabile di Anthony Perkins. Chiamando il mio personaggio Norman strizzo l'occhio a quella tradizione psicopatologica cinematografica iniziata con lui, anche se non ho alcuna presunzione di volermi paragonare con cult cinematografici di tale livello. Mi sono solo lasciato ispirare dalla reale sofferenza di Perkins, e dalle atmosfere claustrofobiche di Hitchcock.

Qual è il vantaggio di fare cinema indie?

L’indipendenza mi ha permesso di ovviare quegli schemi tipicamente italiani per cui sei troppo bello, troppo brutto, troppo commerciale, troppo di nicchia. In America non è cosi, non esiste il carattere, esiste solo il talento. Pensa ad Anna Mazzamauro, un’attrice bravissima che sul palco è stata una straordinaria Magnani dolorosa, mentre al cinema è rimasta vittima del cliché della Signorina Silvani.

Quanto è stato importante l’apporto della dottoressa Maria Grazia Lo Russo, esperta in psicologia familiare?

Direi fondamentale. Il film non esisterebbe senza il suo lavoro sulla psicologia e sulla coerenza dei personaggi, anche perché abbiamo attinto a fatti purtroppo reali toccati con mano. Maria Grazia è la prima volta che si cimenta con la scrittura di un soggetto per il cinema, è stata bravissima.

Per il tema musicale portante del corto hai voluto da subito Grazia di Michele, perché?

Grazia è la mia cantautrice preferita. A 17 anni ho comprato l’album “Naturale” e me ne sono innamorato. Fra le canzoni conteneva “Il tempio”, il brano che oggi ha ricantato (su riarrangiamento ad opera del compositore Luciano Vaccariello ndr) sui titolo di cosa del corto. Incredibile come quelle parole siano perfette per Norman e sua madre. Grazia è deliziosa, ha un mondo interiore e una dolcezza nello sguardo disarmanti, si può solo imparare da professionisti come lei. Da tempo stiamo ragionando sull’idea di girare insieme il videoclip del “tempio” e lanciare il nuovo arrangiamento come singolo.

“Normality” oggi vuole diventare un lungometraggio..

Esatto, proprio così. Tempo fa, durante una proiezione a Roma, a cui hanno partecipato tra i tanti amici Rita Dalla Chiesa, Pino Pellegrino, Mita Medici, Mimmo Verdesca, Alessandro Borghi, mi sono detto che uno spazio narrativo maggiore ci darebbe modo di scavare ancora più a fondo nella vita di Norman e di sua madre, raccontando una storia originale e molto poco italiana. Ho già contattato la bravissima Grazia Verasani, per proporle di aiutarci nello sviluppo del nuovo soggetto. Ma per realizzare tutto questo ho bisogno di qualcuno che si unica a me, Mariella Valentini e Grazia Di Michele, e che ci creda. Anzi, posso recapitare un messaggio?

Prego…

Vorrei chiedere pubblicamente un incontro a Domenico Procacci, Valeria Golino e Stefano Accorsi, tre persone diverse che stimo immensamente per il coraggio e la qualità delle loro scelte produttive. Noi giovani abbiamo bisogno di credere ancora nella possibilità di fare questo mestiere. E persone come voi, ci danno il giusto sprone per rimboccarci le maniche e agire. Datemi fiducia e aiutatemi voi. Il mio sogno da ragazzino era vincere un David di Donatello entro i 30 anni.

Ho solo un anno di tempo (ride).

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