Cultura e Spettacoli

L'albergo in bianco e nero che ne ha viste di tutti i colori

Musicisti drogati, artisti al verde, scrittori in fuga Fino al 2011 fu la casa della cultura alternativa

L'albergo in bianco e nero che ne ha viste di tutti i colori

Luca Beatrice

Un indirizzo inciso come la lapide della cultura alternativa: 222 West 23rd New York è il luogo in cui, fino al 2011, è stato aperto il Chelsea Hotel. Fondato nel 1884 in stile gotico vittoriano, progettato dall'architetto Philip Hubert, ha ospitato scrittori, intellettuali, artisti, musicisti, attori e registi, molto spesso spiantati, a cui era inutile chiedere soldi, mentre per i clienti «normali» il conto alla fine risultava piuttosto salato.

Chi è nato tra gli anni '50 e '60, ha ascoltato rock, ha letto la Beat Generation, è cresciuto con un certo tipo di cinema, non può non avere assorbito questo mito dell'underground. Per alcuni il Chelsea Hotel è diventata un'ossessione. «Ci ho vissuto periodicamente dalla metà degli anni '90 fino a quando ha chiuso». Sono parole di Fabio Torre, pittore, fotografo (per inciso, è veterinario equino tra i più ricercati d'Europa), che ha deciso di tirare fuori dal cassetto centinaia di scatti in pellicola e polaroid tutti realizzati al Chelsea Hotel, rigorosamente in bianco e nero, in cui predominano l'assenza, i vuoti fantastici, quei dettagli che ne rivelano il declino. Dalle sue avventure al Chelsea sta per nascere un libro che si intitola proprio come l'indirizzo dell'Hotel e uscirà in autunno per l'editore Quinlan.

Fabio Torre accenna a storie che hanno come protagonisti tutti quei tipi «oscuri» passati là dentro. Gliele ha raccontate Stanley Bird, proprietario e manager dell'albergo fino al 2007: «Sembrava un impiegato del catasto, anonimo nel vestire, lavorava dalle 6 alle 19 e prima di andare a dormire telefonava un paio di volte per sapere se tutto andava bene». Eppure aveva un'intuizione straordinaria nel riconoscere le persone speciali. «Quando Christo e Jeanne-Claude arrivarono a New York non parlavano una parola di inglese e non avevano soldi. Diede loro una stanza gratis per due anni, che non mancarono di ringraziarlo tra le special guest in occasione dell'installazione The Gates».

Un altro che sapeva tutto era Jerry Weinstein, il «cicerone» del Chelsea. Conosceva i segreti, i vizi degli ospiti illustri, certo mescolando realtà a leggenda. Ma è vera la storia di Herbert Huncke, lo scrittore che ispirò la Beat Generation. Visse molti anni al Chelsea senza mai pagare il conto: ci pensarono i Grateful Dead a saldare i debiti, considerandolo un maestro assoluto per la loro musica. Dopo il divorzio da Marilyn Monroe ci si rifugiò anche Arthur Miller, inseguito dai fotografi, ma là dentro c'era troppo caos e non resistette molto. Eppure Bird era una specie di muro, alle domande rispondeva in maniera evasiva, in qualche modo proteggeva la privacy di vip davvero scomodi.

Ogni stanza ha i suoi segreti e le foto di Torre ne colgono frammenti di struggente bellezza. Nella camera 9 ha vissuto a lungo l'artista francese Arman, nella 40, più o meno gratis, Milos Forman prima di diventare un regista di grande successo, e quando se ne andò a vivere altrove volle ripagare Stanley per la sua generosità. Quello della stanza 100 non è un bagno qualsiasi, lì vivevano Sid Vicious e Nancy Spungen. Nancy vi fu trovata morta, uccisa a coltellate, il 12 ottobre 1978, pochi mesi prima della morte di Sid. Da allora, i punk cominciarono un pellegrinaggio continuo davanti alla porta n. 100 al primo piano, lasciando candele, fiori, lattine e bottiglie. Ricorda Torre: «Per porre fine a questo via vai di gente (alcuni si fermavano anche per drogarsi), Stanley ricorse ad uno stratagemma: modificò la stanza, che divenne poi una suite con l'aggiunta di un grande salone e di una cucina, e la rinumerò n. 103. La 100 smise così di esistere, ma ho avuto la fortuna di dormirci, anche se costava 450 dollari a notte. Non c'erano altre stanze disponibili ma fortunatamente a quell'ora c'era Stanley in giro e quando mi vide mi disse «non ti preoccupare, adesso ti mando a dormire, sul conto ci metteremo d'accordo». In quella stanza aveva vissuto per un certo periodo Patti Smith con i due bambini tornata a New York da Detroit dopo la morte del marito Fred: «Se ne andò quando riuscì a comprare una casa nel Village grazie a un prestito di Michael Stipe».

Tra gli ultimi ospiti del Chelsea Hotel, Torre ha ritratto Stormé DeLarverie la quale, ottantenne, viveva in una stanza piccolissima fino a quando, per demenza senile, venne trasferita in una casa protetta a Brooklyn, dove è morta nel 2014. Attivista LGBT, è famosa per aver steso un poliziotto con un pugno sulla porta del pub Stonewall nel giugno 1969, dando il via ai famosi Stonewall Riots che sarebbero poi stati celebrati ogni anno con la parata del Gay Pride. C'è chi invece al Chelsea non è andato mai.

Nel maggio 1980 c'era una prenotazione per i Joy Division, ma Ian Curtis si suicidò pochi giorni prima del viaggio.

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