Cultura e Spettacoli

L'amore (non corrisposto) degli ebrei per la sinistra

Le polemiche su Trump svelano il rapporto infelice tra «liberal» e mondo ebraico che li corteggia invano

L'amore (non corrisposto) degli ebrei per la sinistra

Trump ha aperto una nuova questione ebraica, che si è affacciata col sapore di un frutto proibito già molte volte, ma non ha bruciato mai al calor bianco della politica americana: perché gli ebrei hanno una propensione verso la sinistra nonostante tutto l'antisemitismo travestito da critica al sionismo o allo Stato di Israele che essa ha dimostrato dal tempo dell'Unione Sovietica e anche da prima, quando i suoi maggiori teorici individuavano negli ebrei gli alfieri del capitalismo? Perché sono persino pronti a disprezzare, a mettere da parte senza riguardo la più evidente simpatia per Israele se viene da parte conservatrice?

L'ultimo esempio di questa situazione è noto: il 19 di agosto Israele ha rifiutato il permesso di entrare a una nuova eletta democratica del Congresso, Rashida Tllaib, di origine palestinese. La Tllaib insieme a un'altra nuova eletta democratica, Ilhan Omar, è un'esponente del movimento di boicottaggio di Israele. Dopo un primo diniego la Tllaib ha avuto il permesso di entrare in Israele, che lei chiama solo Palestina, a causa di una vecchia nonna che desiderava rivedere. La Tllaib prima ha annunciato che accettava e che non avrebbe predicato odio, poi, spinta da molti tweet e commenti, ha deciso per il gran rifiuto. Intanto il maremoto democratico ha spiaggiato ogni dubbio sulla effettiva opportunità di evitare, come hanno fatto a volte altri Paesi giudicati con un metro normale, che venga in visita qualcuno che predica la tua distruzione; invece si sono udite, a destra e a sinistra, molte esclamazioni di biasimo contro Israele.

E la comunità ebraica americana per la maggioranza si è unita al coro nonostante l'atteggiamento iperamichevole del presidente... è su questo nonostante che Trump ha basato la sua critica al mondo ebraico di sinistra. Ma come? Gli ha detto. Ho riconosciuto Gerusalemme come capitale, il Golan come parte di Israele, ho tagliato i fondi che i Palestinesi usano per stipendiare i terroristi e le loro famiglie, ho tagliato i soldi dell'Unrwa che conserva a fini aggressivi i profughi palestinesi, ho abolito il trattato con l'Iran... mia figlia è ebrea, mio cognato e i miei nipoti pure... chi è coi democratici o è stupido o non è leale. Qui proprio gli ebrei, che sono per la maggioranza democratici, fra cui l'organizzazione Aipac, la maggiore, hanno sollevato l'accusa più cretina, quella che ricordando il tema della lealtà Trump abbia dimostrato di essere antisemita. Lui si è anche scomodato a rispondere che parlava di tradimento verso Israele, non verso gli Usa. Trump ha commesso un errore notevole: ha ignorato che fra i dieci comandamenti dettati sul Sinai, c'è per gli ebrei anche quello di essere oggi di sinistra. C'è in Europa e c'è anche negli Usa. Chi coltiva il pensiero conservatore, ancorchè liberal, come la sottoscritta che non è religiosa ma fortemente ebrea e anche israeliana, è in minoranza. L'identità ebraica contemporanea è costruita oggi su due pilastri culturali: la memoria della Shoah, e una complessa visione del ruolo spirituale dell'ebraismo, che io, per ignorante brevità, identificherò qui col tikkun olam, la cura, il miglioramento, la salvazione del mondo.

Dopo la Shoah gli ebrei hanno molto facilmente identificato il peggiore dei loro nemici di sempre nel nazifascismo, come di fatto è stato. Questo li ha condotti a cercare una casa ideale nella sinistra e nella sua cultura, nuotando contro le evidenti correnti antagoniste cui la storia li ha costretti con l'atteggiamento della sinistra comunista antisemita e omicida, come quella dell'Urss. Non è valso a risvegliare gli ebrei la persecuzione comunista degli ebrei, accusati di tradimento, egoismo, di essere alieni al loro Paese e alla classe operaia (il processo orribile del 1952 in Cecoslovacchia la racconta tutta «I sionisti sono rappresentanti di un movimento ebraico reazionario e shovinista opposto alla causa del progresso...»). La radice era profonda: Marx chiamava gli ebrei un'escrescenza del capitalismo, e la critica marxista al sionismo ha poi seguito questa strada. Il sionismo, anche se molti anche oggi lo vogliono leggere separato dall'ebraismo, ne è una parte, e basta. Ma per Karl Kautzky fra i molti, era una deviazione nazionalista, e lo ripete Isaac Deutscher. È un'odiosa forma di nazionalismo, derivante da un arcaismo destinato a sparire: l'ebraismo stesso. Esso sarà assorbito dal socialsimo internazionale. Furono sempre ebrei comunisti o socialisti quelli che guidarono la polemica contro il Bund e il rifiuto di ogni etnicità ebraica.

La leadership sionista fondatrice di Israele si fece, per così dire, perdonare la deviazione del conflitto con gli arabi accentuando i motivi socialisti, e quindi l'elemento etico salvifico dalle accuse di colpe capitaliste, imperialiste, colonialiste. Come si vede dallo scatenamento furioso della sinistra contro Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni nel '67 non ha funzionato, come ancora non funziona oggi: volente o nolente, in un mondo diviso a metà fra Yankee e Sovietici, Israele si è trovata buttata dalla parte destra. E gli ebrei hanno seguitato, in gran parte, a barcamenarsi, a cercare un approdo dall'altra parte al loro incredibile (con quello che avevano subito, con quante guerre gli arabi gli avevano imposto!!) senso di colpa.

Come operare il tikkun olam, di fronte al cui altare ogni ebreo per bene deve pregare, quando Trump è al governo? Se è lui che accomoda le cose? Bisogna rifiutarlo! Bisogna stare dalla parte dei poveri, dei senza patria, dei viandanti in cerca di rifugio. Una vastissima letteratura è costruita su questa pietra angolare: ricordiamoci Woody Allen, Philip Roth, ricordiamoci Natalia Ginzburg che scriveva che lei preferiva gli ebrei curvi ai sabra abbronzati, senza curarsi se quelli, coi loro bambini furono trascinati ai forni.

Ora: gli ebrei americani di sinistra, ovvero i democratici, storicamente sono stati diversi fino a Clinton compreso. Avranno forse avuto una passione un pó cieca per i processi di pace anche quando erano impossibili, ma non la sinistra americana non è mai stata socialista se non in porzioni omeopatiche. Ma con Obama è cambiato tutto. Il senso di colpa degli ebrei democratici si è autoalimentato tramite l'immenso processo di contrizione culturale che ha investito il loro Paese di fronte al totem di un presidente nero, finalmente; l'industria culturale e dell'informazione, Hollywood, le Università sono andate a braccetto con l'Unione Europea, l'Onu e tutte le organizzazioni derivate. Invece di lodare la capacità degli ebrei di salvarsi e progettare un nuovo futuro tramite il loro Stato ritrovato dopo un millennio di fedeltà, gli hanno appiccicato tutte le etichette del biasimo di sinistra. Obama ha trasformato l'orgoglio americano in un persistente senso di colpa che andò a coniugarsi felicemente con la colpa europea per il passato coloniale, la simpatia per gli immigrati, la passione per le culture altre. E si fissò sui territori, per altro disputati secondo la dizione dell'Onu. Come San Francesco, Obama ha cercato di ammansire il lupo Iran, impipandosene della sua conclamata aspirazione genocida antisemita. Obama ha chiamato tutta l'élite democratica a allinearsi all'idea che Israele porta la maggiore responsabilità del conflitto Mediorientale, a non vedere che a metterne in discussione la politica si finisce in maniera incurante con il metterne in discussione l'esistenza: il partito Democratico non è certo più quello per cui, quando Arafat a Camp Savid disse a Clinton che tutti sanno che gli ebrei non sono mai stati sul Monte del Tempio, alias Spianata delle Moschee, Clinton minacciò di uscire dalla stanza.

Con Obama c'è stata la svolta, l'antisemitismo è diventato israelofobia sotto i suoi occhi distratti. E stata una svolta un poco come in Italia quando Berlinguer pose al centro la questione morale ipotizzando implicitamente che i depositari dell'etica umana fossero gli uomini di sinistra. Obama ha posto al centro la questione ebraica come critica a Israele e ora Trump ne subisce le conseguenze: ormai non si è democratici nonostante la critica a Israele, lo si è solo con, come in Europa si è di sinistra solo con la critica a Israele, con il disprezzo e la maldicenza verso Netanyahu. «Oppressione» è la parola chiave, «l'intersezionalità» per cui i neri, gli omosessuali, i transgender, le donne, i popoli del terzo mondo, i mussulmani, diventano i protagonisti dell'era in corso e delle sue magnifiche sorti e progressive è il motore sempre a tutta birra. Qualche giorno fa, per Tisha be Av il giorno in cui si ricorda la caduta del Tempio per mano romana nel 70 d,C., un bravo maestro durante una lezione che frequentavo ha chiesto, lavorando sui testi ebraici antichi, se non si dovrebbe piantarla di piangere sulla conquista romana e la distruzione ora che Gerusalemme è nostra. La risposta di un gruppo nutrito di scolari di buon livello è stata che è necessario seguitare a ricordare, perché i guai per cui l'uomo deve lavorare per il bene devono ancora essere da lui affrontati e rimediati.

Insomma, Trump, tu riconosci pure Gerusalemme, gli ebrei sono impegnati nel Tikkun Olam, e non ci distrarre.

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