Cultura e Spettacoli

L'auto psicanalisi di Moretti: "Così elaboro il mio dolore"

In Mia madre il regista recita con la Buy e la brava Lazzarini Ma l'accoglienza è fredda: pochi applausi all'anteprima del film

L'auto psicanalisi di Moretti: "Così elaboro il mio dolore"

Arriva con l'auto blu, Nanni Moretti, completo e cravatta da sessantenne elegante, nella sala di sua proprietà a Trastevere. Dove ieri s'è radunata la piccola folla delle grandi occasioni: si presentava Mia madre (da giovedì e probabilmente a Cannes, fuori concorso), l'atteso film drammatico e autobiografico del regista, produttore, attore e sceneggiatore che spesso racconta la sua vita con le sue opere. Quando s'è separato dalla moglie Silvia Nono, per esempio, con La stanza del figlio (Palma d'oro a Cannes 2001) ha metabolizzato quella perdita affettiva. Ora lo spunto viene dalla morte della madre Agata, insegnante di latino in una scuola-bene capitolina, il liceo Visconti, qui impersonata da Giulia Lazzarini, gran dama del teatro italiano.

A seguire la decadenza fisica e mentale di mamma Ada,ricoverata in ospedale, si prestano i figli Giovanni (Moretti) e Margherita (Margherita Buy, come sempre dolente e tormentata). Lui è uno stagionato e calmo ingegnere in aspettativa, lei è una regista dubbiosa e più devota a sé che agli altri: ignora le cottarelle della figlia adolescente e bacchetta gli attori con arroganza mentale. Una Nanni al femminile, insomma.

È la terza volta che Moretti dirige la Buy, dopo Il caimano e Habemus Papam , nel corso della cui lavorazione venne a sapere che la madre era morta. E certo il ruolo della regista Margherita, tutto tic e tormentoni - come quando sul set raccomanda ai suoi attori di «mettersi accanto al personaggio», citando Brecht per il loro sconforto - , evoca un alter-ego di Moretti, qui anche sceneggiatore. «C'è qualcosa di me e di familiare in lei. Come quando s'incavola durante le riprese con John Turturro al volante», dice l'autore, in grado d'intimidire la stampa mainstream , per via della sua insofferenza ai giornalisti cinematografici. I quali però ieri non hanno fatto scattare l'applauso a fine proiezione. Difficile non annoiarsi un po' nei 106 minuti che da una parte raccontano la vita d'un tipico set, tra «Azione!», «Stop!» e tempi morti, e dall'altra il mesto accadimento ospedaliero dell'anziana morente. Alla quale, comunque, Giulia Lazzarini imprime una marcia in più, tra dolci smarrimenti e capricci senili. «A vent'anni, mai mi sarebbe venuto in mente questo film, che nasce da un'esperienza realmente vissuta. Col passare del tempo si pensa di più alla morte», spiega Moretti, che invecchiando ha assunto un'aria meno arrogante. Così, per quanto imbarazzato al ricordo dei funerali di mamma Agata al Cristo Re, cinque anni fa, si apre al racconto familiare. «Quando, a 19 anni, finita la scuola, ho deciso di provare a fare cinema, mia madre e mio padre si sono limitati a sostenermi con discrezione e affetto. M'imbarazza parlare di mia madre, ma al suo funerale c'erano generazioni di ex-alunni, che continuavano a frequentarla. Io, mai avuto professori come punto di riferimento», rievoca. Tranne sua madre. A vedere con quanto amore la sua alter-ego accarezza i dorsi dei libri di latino materni (quelli veri) e con quale angoscia sogna di trovare il letto di lei vuoto, all'ospedale, questo dramma della perdita per eccellenza testimonia un'insospettata commozione nell'ex-Ecce Bombo. Colpa dei partiti implosi, per cui non è più il caso di arrabbiati film-pamphlet? «La morte della madre è un passaggio importante, nella vita. Senza sadismo nei confronti dello spettatore, ho voluto raccontare questo personaggio. Una regista donna, mai presente nel cinema. E una persona a disagio con sé e con gli altri. Conosco il senso del disagio. Pensavo che col tempo mi sarebbe venuto il pelo sullo stomaco. Invece, mi accorgo che succede il contrario». Insomma, anche per il dogmatico Moretti è finito il tempo delle mele e avanza la voglia di tenerezza, seppur mortifera.

Meno male che John Turturro, simpatico attore americano contaballe (sostiene d'aver lavorato con Kubrick) e improvvisato ballerino sul set, con vari siparietti spezza l'atmosfera plumbea di questo film sulla sparizione. Come quando la figlia di Margherita gli si presenta: «Sono la figlia della regista» e lui: «Poverina!». E Margherita Buy? «Il divertimento è stato sgridare molto gli attori», rivela.

Costato 7 milioni, il film è stato finanziato anche dalla Regione Lazio e da Eurimages.

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