Cultura e Spettacoli

Lettera aperta a Di Caprio: "Nel film Belfort pare un eroe"

Si lamenta una vittima del truffatore interpretato da DiCaprio. L’attore sulla difensiva

Lettera aperta a Di Caprio: "Nel film Belfort pare un eroe"

I lupi di Wall Street sono assediati. E se noi ci lecchiamo i baffi, aspettando l'ultimo film di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio nel ruolo di Jordan Belfort, il più canaglia tra i trader americani Anni Ottanta, negli Usa, dove il film è uscito il giorno di Natale, infuria la polemica. Il biopic del maestro del riciclaggio è così ben girato e risulta così avvincente - tre ore di festini a base di coca, belle donne ricoperte di banconote, yacht e aragoste lanciate in testa a quelli dell'FBI - che la critica a stelle e strisce è insorta. Nonostante le due nomination ai Golden Globes e i 34,3 milioni di dollari al box office. Possibile che, dopo i mafiosi (vedi Coppola) si debbano rendere sexy e intriganti anche i truffatori?
Intanto, Scorsese e DiCaprio, alla loro quinta collaborazione, stanno sulla difensiva e rilasciano interviste giustificatorie.

Ma adesso si è messa di mezzo Christina McDowell, vittima in carne e ossa dei misfatti di Belfort. Miss McDowell, infatti, è figlia di Tom Prousalis, ex-socio di Jordan Belfort e, come questi, condannato alla galera: 22 mesi di carcere nel 1998 per frode e riciclaggio. Prima di finire dietro le sbarre nel 2004 Prousalis ha lasciato alla figlia debiti per 100.000 dollari: un peso insostenibile per una ragazza di 27 anni. Logico che il film di Scorsese, col suo portato fascinoso - gli operatori di Wall Street, ai quali il film è stato mostrato in anteprima, erano entusiasti -, abbia fatto infuriare la giovane. Che ha preso carta e penna, scrivendo una lettera aperta al regista e a DiCaprio. «Siete dannosi. Il vostro film è l'imprudente tentativo di far credere che queste storie siano divertenti, mentre il paese è ancora sotto choc, per una nuova serie di scandali legati a Wall Street. Che cosa viene giudicato divertente, qui? Le scappatelle sessuali di questi falsi banchieri, o le orge di cocaina? Siate onesti, è questo tipo di comportamento che ha messo l'America in ginocchio», scrive Christina, accusando il cineasta e il suo attore-feticcio di esaltare il comportamento dei tipi alla Belfort.

«Avete pensato al messaggio che trasmettete con questo film? Avete esacerbato la nostra ossessione nazionale per la ricchezza e l'ascesa sociale, glorificando l'avidità e i comportamenti psicotici. Per tacere del modo con cui il vostro film degrada l'immagine delle donne ed esalta la misoginia. È questo il messaggio arcaico che inviate alle giovani generazioni maschili».

Sfogo più che comprensibile, ma la pubblicità, anche negativa, diventa una manna.

Commenti