Cultura e Spettacoli

L'Ulisse contadino della foto in viaggio nell'Italia che fu

Bezzi, 90 anni, ha scattato immagini per tutta la vita. Scoperto per caso, è ricercato dai galleristi. Che ignora

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Volo (senza approdo) a New York. Immaginate la scena. Il più noto gallerista di Manhattan, con elegantissima blusa newyorchese d'ordinanza, a orientarsi tra i campi barbarici di San Pietro in Vincoli. Cerca, tra l'umidità folle che si eleva a sera, in Romagna, un vecchio di novant'anni. Si chiama Ulisse. Ulisse, come l'eroe omerico. Ulisse Bezzi. Fa il contadino. E quando ha tempo, fa le fotografie. Questa storia, buona come sceneggiatura hollywoodiana (vi ricordate la vicenda, tutta americana, di Vivian Maier, la baby sitter che faceva foto tutte per sé, salvo, dopo morta, diventare una icona patria?), ha luogo lo scorso anno. La Keith De Lellis Gallery di Madison Avenue vuole fare una mostra fotografica sul paesaggio. La Keith De Lellis Gallery di New York è una galleria assai accreditata: nel suo book figurano icone come Richard Avedon, Cartier-Bresson, Man Ray, Mario Giacomelli. La mostra parte proprio da alcuni paesaggi di Giacomelli. Poi, smanettando on line, i galleristi americani si scontrano con una rarissima intervista fatta a Ulisse Bezzi per i suoi 80 anni. Un omaggio compilato in suo onore dal circolo fotografico di Bagnacavallo. Con tanto di foto.

Il gallerista fiuta il genio ma soprattutto l'affare. Telefona a casa di Bezzi. La moglie pensa che sia uno scherzo di cattivo gusto, e riattacca. Ma, si sa, gli americani sono tenaci. Dopo qualche giorno il tizio della Keith De Lellis Gallery sbarca a Bologna, s'immerge nei campi solcati da millenni tra Ravenna e Forlì, chiede, in un italiano improvvisato, di Ulisse Bezzi. I Bezzi lo ospitano, ma solo perché ha attraversato l'oceano per arrivare fin lì. Al gallerista si squaderna un mondo solare, improvviso, mai visto. Ulisse Bezzi conserva migliaia di scatti, realizzati con una Retinette Kodak 24/36 e con una Rolleiflex 6/6. Tutti in bianco e nero. Fotografie selvatiche, tra l'Amazzonia e l'icona bizantina. Stampate da Ulisse, che di mestiere ha sempre fatto il contadino, di notte, in cucina e in bagno. L'americano tira fuori i soldi, compra un certo numero di fotografie, torna a New York. Le fotografie vengono esposte in galleria, hanno un successo pazzesco. Ma Ulisse Bezzi non si muove da San Piero. Non gli interessano i fasti della celebrità. Qualche decennio prima non si era spostato neppure per ritirare un premio a San Paolo del Brasile. Troppo lontano il luogo. Troppo caro l'aereo.

«Io lo conosco dagli anni Novanta. La prima volta l'ho visto a un circolo di Forlì. Era un fotoamatore illustre, ma nessuno avrebbe immaginato un successo così clamoroso», ci dice Mario Beltrambini, Presidente dell'Associazione Circolo Fotografico Cultura e Immagine di Savignano sul Rubicone, di fatto il braccio armato del SI Fest, una delle più importanti rassegne fotografiche d'Italia, che comincia il 9 settembre la sua edizione numero 25. Mario Beltrambini, con il suo staff di aiutanti, è riuscito nell'impresa di mettere insieme una mostra di Ulisse Bezzi. La prima antologica ragionata del contadino fotografo nel suo Belpaese. «Beh, è stata una vera avventura andare da Bezzi, lo ammetto». Già, perché dopo i fasti newyorchesi la casa di Ulisse è stata presa d'assalto. Da giornalisti, da collezionisti, da affaristi. «Si assiste a una specie di pellegrinaggio». Stroncato da Ulisse, patriarca della fotografia. «Mandano via la gente. Ecco. Non ti rispondono. Ti chiudono il cancello in faccia. Questa è gente all'antica, che non vuole lucrare sulla fotografia. Che vuole essere lasciata in pace». Chiudere le porte in faccia al mondo, raffigurato dal viso addomesticato di cipria di un audace gallerista milanese... Roba d'altri tempi. «Anche io sono stato mandato via. Tre mesi fa vado a casa di Bezzi. La moglie mi dice, guardi, non è il caso. Allora, un po' a malincuore, me ne vado».

Ma il caso, a volte, gioca a proprio favore. «Un mio amico conosce bene il figlio di Ulisse Bezzi. Proprio tramite il figlio, siamo riusciti a farci accogliere dal padre». Pare un brandello di storia sacra. Bezzi non fotografa più da una decina di anni, adesso di anni ne ha 90, dice poche parole, la memoria viene e va, a bagliori. «Abbiamo deciso di proporre un ciclo di una trentina di ritratti fotografici». Immagini sbalzate nel bronzo, volti che paiono a scaturire dalle gesta omeriche di una Italia smarrita, che non esiste più. Visto che non è andato a New York, Ulisse Bezzi arriverà almeno a Savignano... «Chissà... ce lo auguriamo». Il progetto è quello di costruire un catalogo che eterni l'opera di Bezzi. Sarebbe il primo mai realizzato. «Purché non si offenda».

C'è chi passa la vita tentando il successo e chi difende per tutta la vita la propria opera.

Con la saggezza contadina di chi tiene per sé e per chi ama la primizia della vita.

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