Cultura e Spettacoli

Mango, il ricordo di Mara Maionchi: una voce tra cielo e terra

Fu Mara Maionchi nel 1983 a scoprire il talento del cantante, stroncato ieri sera da un infarto durante un concerto

Mango, il ricordo di Mara Maionchi: una voce tra cielo e terra

“È stato un outsider visto il suo modo di cantare che ho sempre definito ‘tra il cielo e la terra’. Aveva una vocalità celeste, mondiale”. Mara Maionchi ricorda Giuseppe Mango, morto tragicamente ieri sera sul palco del Pala Ercole di Polidoro (Matera), mentre cantava Oro, suo grande successo. E Oro fu proprio il brano che li fece conoscere: era il 1983 e la produttrice discografica lavorava alla Fonit Cetra, quando il talento canoro lucano bussò alla sua porta. Ne nacque un sodalizio artistico e umano che – insieme anche al marito di Mara, Alberto Salerno – portò alla luce successi quali La Rosa dell’Inverno e Bella d’estate. “Se fosse nato in un Paese che non era l’Italia poteva avere ancora più successo. Ma lui stava bene a casa sua, a Lagonegro”.

Ieri sera un infarto ha portato via Mango. Lei, trent’anni fa, contribuì alla sua scoperta artista. Qual è il suo primo ricordo di Giuseppe?

“La prima volta che dovevo incontrarlo mi dissero: 'Guarda, è sempre arrabbiato. Ha un carattere un po’ così'. Beh, io quando ho sentito la musica ho pensato «Avrà anche un brutto carattere, ma è un grande cantante!». Cantava benissimo, aveva una qualità vocale unica. Mi ricordo momenti molto felici: giocavamo a carte insieme e ce ne dicevamo di tutti i colori! Eravamo giovani e ci divertivamo a fare un lavoro che ci piaceva molto”.

Tutto partì nel 1983.

“Lo conobbi alla Fonit Cetra dopo che fece due dischi con la RCA. Sentì i suoi provini: tra il materiale c’era Oro, di cui Giulio (Repetti, in arte Mogol, NdA) riscrisse le parole. Fu il primo successo, andò benissimo per tutta l’estate in radio. Poi, nel 1986, arrivò Sanremo e con Lei verrà, il cui testo è di mio marito (Alberto Scarano, NdA), si consolidò. E da lì con me e con Alberto ha fatto tante altre cose: La Rosa dell’Inverno e Bella d’estate (testo di Lucio Dalla e prodotta sempre da mio marito). Mi ricordo la gioia e le risate per quelle soddisfazioni. Ci siamo molto divertiti”.

Chi era Giuseppe Mango?

“Ha iniziato da ragazzino a fare jazz a Lagonegro, suonava la tastiera e tantissimi strumenti. È stato un outsider visto il suo modo di cantare che ho sempre definito ‘tra il cielo e la terra’. Aveva una vocalità celeste, mondiale: se fosse nato in un Paese che non era l’Italia poteva avere ancora più successo. Ma lui stava bene a casa sua, a Lagonegro. Era un ragazzo quieto”.

Si è spento sulle note di Oro. Destino, fatalità, un cerchio che si chiude.

“Non ci avevo pensato. È una cosa davvero strana; poteva capitare qualsiasi altra canzone e invece se n’è andato cantando Oro. La sua vita è iniziata lì, lì si è svolta e lì è finita”.

Cosa perde lei e cosa perde la musica italiana?

“La musica italiana perde qualcosa di molto importante, che forse non ha mai capito in pieno. Non è mai stata colta tutta la sua potenza. Io perdo un amico.

Lo ricordo con un affetto immenso: ho condiviso con Giuseppe tantissimi anni di vita e tanto divertimento”.

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